Quasi nuovi tremila casi nell’ultima settimana tra Roma e Lazio, con un aumento del 30,1 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. Niente a che vedere con i numeri della pandemia, ma il Covid sta registrando una fiammata in concomitanza con i primi (e sostanziali) abbassamenti delle temperature. In quest’ottica, fa tirare un sospiro di sollievo il basso livello di pazienti costretti al ricovero, compresi quelli ospitati nelle terapie intensive. Massimo Andreoni, professore ordinario di malattie infettive dell’università Tor Vergata e in passato presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali, sottolinea che «bisogna non fare inutili allarmismi, perché siamo lontanissimi dai livelli della pandemia». Però aggiunge: «Temo si stia prendendo un po’ sotto gamba la tendenza che stiamo registriamo in questi giorni così come la variante Eris». Riscontrata non soltanto tra chi soffre di patologie respiratorie. E non a caso ricorda «l’importanza di vaccinarsi. Finora abbiamo protetto soltanto il 4 per cento della popolazione più interessata, cioè i soggetti fragili e gli over 65».
CIRCOLAZIONE
Più in generale, l’infettivologo nota: «C’è un incremento generale in tutt’Italia.
«Sono variazioni modeste - segnala Andreoni - che non destano una grandissima preoccupazione sia a livello laziale sia a livello nazionale: nulla a che vedere con i numeri che eravamo a leggere nei tre anni precedenti. Però non sono numeri banali». Il riferimento dell’infettivologo è, da un lato, sulle vittime della malattia e, dall’altro, sulle condizioni dei pazienti (fortunatamente pochi) ricoverati. «I 192 morti a livello nazionale, nei quali sono compresi i cinque registrati nel Lazio, rafforzano la necessità di stringere sui tempi delle vaccinazioni. Perché quelli che perdono la vita qui così come nel resto d’Italia, sono persone fragili».
Per quanto riguarda le condizioni dei pazienti ricoverati, Andreoni ricorda che «questa variante, che pensiamo essere diventata più blanda in termini assoluti, ma che ha comunque effetti doppi rispetto all’influenza. Quando è comparsa in Cina a gennaio, ha mietuto un numero consistente di vittime: 83mila secondo le autorità locali, più di centomila per l’Organizzazione internazionali sanitarie». Restando al Lazio, l’infettivologo sottolinea che «qui i medici hanno riscontrato nei malati di Covid i classici sintomi come febbre alta, raffreddamento e problemi alle vie respiratorie, però il virus è presente anche in quelle che sono considerate le infezioni casuale, cioè in pazienti che hanno avuto un infarto o un ictus cerebrale. Dobbiamo capire se questa variante può aver giocato un ruolo nelle malattie cardiovascolari». Anche per questo, conclude, «è meglio vaccinarsi».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout