Camilla Marianera, il fidanzato Jacopo De Vivo condannato a 5 anni: il padre fu tra i fondatori dei Fedayn della curva sud

Camilla Marianera, il fidanzato Jacopo De Vivo condannato a 5 anni: il padre fu tra i fondatori dei Fedayn della curva sud
di Valeria Di Corrado
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Sabato 16 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 12:16
Insieme alla sua compagna, una praticante avvocatessa, Jacopo De Vivo avrebbe pagato un addetto dell'ufficio intercettazioni del Tribunale di Roma per ottenere notizie coperte da segreto istruttorio, da "rivendere" agli indagati. Per questo motivo ieri, al termine il 30enne, figlio del defunto «Peppone», uno dei fondatori del gruppo Fedayn nella curva Sud romanista, è stato condannato dal giudice dell'udienza preliminare della Capitale, al termine del giudizio abbreviato, a 5 anni di reclusione per corruzione in atti giudiziari. La stessa accusa per la quale è a processo, con il rito ordinario, la sua fidanzata, Camilla Marianera. De Vivo, in carcere da febbraio dell'anno scorso, sconterà il resto della pena ai domiciliari con il braccialetto elettronico, dopo il parere favorevole espresso dalla Procura. Per lui la pm titolare dell'inchiesta Giulia Guccione aveva chiesto 6 anni di reclusione. Il gup lo ha inoltre condannato a un risarcimento, da stabilire in sede civile, a favore della Presidenza del Consiglio e del ministero della Giustizia.

LE CONTESTAZIONI

I fatti contestati dagli inquirenti vanno dal 2021 a dicembre 2022. La coppia «erogava utilità economiche - si legge nel capo di imputazione - a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all'ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l'esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l'esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta». Dalle conversazioni captate dai carabinieri è emerso che Marianera aveva illustrato a un cliente, con dovizia di particolari, meccanismi che potevano essere conosciuti solo dalle persone interne all'ufficio intercettazioni: aveva spiegato che quando i servizi di osservazione telematica erano terminati, o le indagini erano concluse, nel sistema informatico della Procura veniva inserito il termine «cessato», evidenziato con il colore rosso.

LA DIFESA DELLA PRATICANTE

«Ho ingigantito le informazioni che in realtà avevo appreso da internet, anche sul funzionamento del sistema, con la luce verde e rossa. L'ho fatto per procurarmi un bacino di clienti e fare più soldi». Si è difesa così in aula, lo scorso 6 marzo, l'aspirante avvocatessa imputata per corruzione in atti giudiziari davanti ai giudici dell'ottava collegiale. «De Vivo sapeva che io con Luca Giampà (compagno di Mafalda Casamonica, ndr) millantavo, ma la nostra relazione era abbastanza litigiosa e in un momento di rabbia gli dissi che se non avessi preso 500 euro per il mio servizio me li doveva dare lui». Una versione differente rispetto a quella fornita nel corso dell'interrogatorio di garanzia, nel quale aveva negato che il suo fidanzato sapesse delle presunte millanterie. «Non ero lucida, ero provata, ero in galera da meno di 24 ore e non avevo dormito», ha precisato Marianera in udienza.

«MI FA TANTI FAVORI»

Eppure, quando era intercettata, esponeva così la procedura ai clienti: «Conosciamo una persona che sta in procura nell'ufficio dove sbobinano le intercettazioni e tutto. E a me fa tanti favori, tipo che se gli metto il nome con la data di nascita...». E ancora: «Davanti a me scrive sul computer, lui mi dice praticamente: inserito gps sotto la macchina, oppure predisposto ocp (osservazione controllo e pedinamento, ndr) su via... o sotto casa». Secondo l'accusa, gli incontri tra la praticante e la sua fonte sarebbero stati organizzati «in posti precostituiti», mentre i contatti sarebbe avvenuti tramite telefoni cellulari intestati a terze persone. Parlando della persona che le avrebbe fornito le notizie, l'aspirante avvocatessa precisava: «Lui mi dice di non andare troppo frequentemente».
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