Abuso di mezzi di correzione aggravato dalla morte. È l'accusa pensantissima che la procura muove contro un professore di matematica del liceo Rousseau. L'11 luglio 2019 un ragazzo di 17 anni che frequentava quella scuola si suicidò nel garage di casa: si impiccò con una corda. Ma che c'entra la scuola? Le indagini sulla morte che si è autoinfilitto quel ragazzo portano nelle aule del Rousseau a Roma, ai giorni in cui lo studente che aveva problemi di apprendimento subiva le prese in giro dell'insegnante. Il sospetto è che il docente abbia avuto un comportamento persecutorio nei confronti dell'alunno al punto da spingerlo a commettere il gesto estremo.
Quel prof oggi è un settantenne in pensione.
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Il ragazzo subiva canzonature, prese in giro davanti ai compagni di classe. Una situazione che potrebbe averlo debilitato psicologicamente, che lo aveva chiuso in sé stesso, come notarono i genitori sconvolti dopo il suo suicidio, ripercorrendo gli ultimi mesi del figlio. Dopo la morte scattarono le indagini, pm e forze dell'ordine hanno cercato di capire se quel che succedeva in classe potesse in qualche modo essere collegato al suicidio, se quelle prese in giro possano aver fatto scattare quella decisione tremenda.
«Gli mise una nota indegna - ricorda un ex compagno di classe sentito dal Messaggero nel 2021 - visibile a tutti nel registro di classe, il prof usò parole pesanti, scrisse che meglio di lui avrebbe fatto un bambino di 5 anni, pur sapendo che Luca era dislessico. Lui ci rimase malissimo, credo si sentisse denigrato e discriminato. Ma io non credo che il professore si rendesse conto». C'è anche chi racconta che era strano ma che non aveva intenzione di fare male.
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