Roma, studente suicida. Il video del professore del ragazzo: ​«Credo nei giovani»

Roma, studente suicida. Il video del professore del ragazzo: «Credo nei giovani»
di Flaminia Savelli
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Domenica 7 Febbraio 2021, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 21:47

Nel video di presentazione della scuola, l’istituto Jean Jaques Rousseau di Roma, c’era anche il professore di matematica. Il docente su cui la Procura capitolina sta indagando per istigazione al suicidio e maltrattamenti. Finito nel mirino degli investigatori della squadra Mobile dopo che un suo alunno di soli 17 anni, nel luglio del 2019, si era tolto la vita. Un gesto estremo compiuto, da quanto emerso fin qui, per le umiliazioni subite in classe durante le ore di matematica e scienze. «Ci credo. Credo nella scuola fino a quando ci sarà l’entusiasmo dei giovani», dice sorridendo alla video camera il prof ora indagato e andato in pensione lo scorso anno. È suo dunque l’ultimo intervento nel video racconto del liceo Linguistico e di Scienze umane di via delle Sette Chiese, alla Montagnola, e pubblicato sul sito scolastico nel 2016. Dopo i messaggi del personale scolastico in cui descrivono una scuola «molto accogliente» e «ricca di attività». I ragazzi raccontano nel video che: «I professori sono comprensivi e bravi». 
Eppure proprio sull’insegnante di materie scientifiche, alla direzione scolastica erano già arrivate delle segnalazioni. Ma per il professore quegli attriti con lo studente e con la sua famiglia erano soltanto «un equivoco».

Gli altri alunni lo descrivono come un insegnante particolare. «Lo vedevo arrivare a scuola tutte le mattine a piedi, con la sua valigetta» ricorda un ex studente del Rousseau, diplomato lo scorso anno.

Amico del giovane che si è tolto la vita e alunno per due anni dell’indagato: «Per noi- dice- era strano, il suo comportamento non era come quello degli altri prof. Era come se avesse una maschera. Perché si mostrava gentile e si capiva che era forzato. Non ha mai raccontato nulla di personale, della sua vita. Non l’ho mai visto neanche prendere un caffè con un collega. Era sempre da solo. Insieme ai miei amici lo chiamavamo “l’uomo ombra”. Ci scherzavamo anche. Oggi dopo quello che è accaduto però, mi rendo conto che bisognava prestare maggiore attenzione».

C’è poi l’amicizia stretta con il giovane che, subito dopo gli scrutini del 2019, ha deciso di farla finita: «Non eravamo in classe insieme - precisa l’amico - ma eravamo vicini di casa e ogni tanto mi dava uno strappo con la sua macchinetta. Si capiva che soffriva, mi aveva raccontato del prof ma non credevo che fosse arrivato al limite. Cercavo di tranquillizzarlo perché anche io andavo male in matematica. Ammetto ora di essere stato superficiale. C’era dell’altro, non era solo una questione di voti bassi. E sapevo che aveva molti problemi pure con i compagni. Non si sentiva molto accettato, anzi. Questa è la verità». Del comportamento del docente parlano molto e a lungo le alunne: «Con noi ragazze - racconta una ex studentessa diplomata nel 2019- era gentile. Mentirei se dicessi che mi ha maltrattata. Però le sue parole, spesso arcaiche e antiche, erano sopra le righe. Era esagerato e anche per questo - sottolinea - non lo prendevamo sul serio. Il clima con lui in classe era sempre molto strano perché non sapevamo mai cosa avrebbe potuto dire o fare. Il fatto è che trattava in modo molto diverso le ragazze dai compagni. Aveva certo un occhio di riguardo. Ma è anche vero - aggiunge - che tutti sapevamo che era “particolare”. E come gli altri, abbiamo sottovalutato la situazione del nostro amico. Di questo siamo davvero dispiaciuti. Forse potevamo salvarlo».

L’INDAGINE

Intanto le indagini sul suicidio del giovane proseguono e approfondiscono quanto segnalato dalla dirigente scolastica, Rosella Di Giuseppe. La preside, non appena la famiglia l’aveva contattata, informandola di quanto stava accadendo al figlio, era subito intervenuta. In particolare, i genitori del 17enne avevano richiesto spiegazioni per una nota che era finita nel registro elettronico: «Con i suoi fogli inutili alla lavagna si è esibito in una prova nella quale sarebbe rimasto fulminato e schiantato da chiunque avesse almeno cinque anni di età» aveva scritto il prof. A cui si sono sommati i racconti dei compagni di classe che agli investigatori hanno fornito importanti tasselli della storia. Con questi elementi gli uomini della squadra Mobile hanno proceduto nelle indagini con l’ipotesi di maltrattamenti e istigazione al suicidio Ricostruendo gli ultimi mesi del giovane. «L’indagine è ancora aperta» hanno confermato ieri gli investigatori. «Non stiamo tralasciando nulla». 

flaminia.savelli@ilmessaggero.it

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