Tenta il furto di un cellulare, 3 anni di carcere. La sentenza esemplare del giudice Forleo

Tenta il furto di un cellulare, 3 anni di carcere. La sentenza esemplare del giudice Forleo
di Riccardo Di Vanna
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Domenica 27 Luglio 2014, 15:40 - Ultimo aggiornamento: 28 Luglio, 19:26

Per sua sfortuna, finito negli ingranaggi di una giustizia sorprendentemente rapida e severa.

Tutto poteva immaginare il quarantenne algerino, sorpreso nel tentativo di sfilare un telefono cellulare dalla tasca di un turista, meno che di incontrare Clementina Forleo, l’ex gip di Milano, che in passato aveva assolto due tunisini accusati di terrorismo internazionale e che poi era finita sotto procedimento disciplinare del Csm per aver denunciato di aver subito pressioni nell’inchiesta Bnl-Unipol.

Da qualche mese la Forleo è stata trasferita a Roma, come giudice monocratico, e ha usato tutta la forza del codice per punire il ladro con ben tre anni e due mesi di reclusione. Mentre gli altri borseggiatori che popolano la metropolitana e la stazione Termini, riescano generalmente a farla franca, riconquistando la libertà dopo un processo per direttissima. L’algerino, invece, dovrà scontare la pena dietro le sbarre. La decisione è stata presa al termine di un rapido dibattimento, ed è andata ben oltre le aspettative del pubblico ministero d'aula, che per l'imputato aveva richiesto una condanna più mite a otto mesi di reclusione.

IL FURTO

La vicenda risale al mese di giugno quando l'imputato, già gravato da precedenti penali per furto, sale su un treno della linea metropolitana e individua tra la folla la sua vittima. L'uomo, un italiano in vacanza nella Capitale, tiene il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni, in una posizione che rende l'apparecchio a portata di qualsiasi borseggiatore. Trovato il momento giusto, l'algerino allunga la mano e cerca di afferrare il telefono ma, appena prova a sfilarlo, si ritrova a dover affrontare la reazione del turista. Esile e piccolo di statura, il ladro viene facilmente bloccato dalla vittima e, grazie anche all'intervento di due allieve carabiniere presenti nello stesso vagone, finisce in manette non appena il mezzo raggiunge la stazione Termini. Qui, l'imputato viene preso in consegna dalla polizia e, a distanza di poche ore, portato davanti al giudice per la direttissima. Un mese più tardi, convalidato l'arresto, arriva l’esemplare condanna.

LA CONDANNA

Portato in aula con l'accusa di tentato furto aggravato dal fatto di essere stato commesso con destrezza e su un mezzo pubblico, l'uomo è quasi causa del suo male, perché non accetta il consiglio dell’avvocato d’ufficio e insiste per essere giudicato con rito ordinario invece che in abbreviato. Ascoltati i testimoni e concluso il dibattimento con una richiesta di condanna a otto mesi di reclusione, il giudice si ritira in camera di consiglio. Quando esce e legge il verdetto, il pregiudicato guarda il suo avvocato, sgomento. La condanna è il risultato di un calcolo in base al quale sono state riconosciute solo le aggravanti e la recidiva, mentre sono state escluse le attenuanti. Una sentenza che, essendo di due mesi superiore ai tre anni, obbliga il borseggiatore - senza dimora - a scontare la pena in carcere. «In circostanze simili a quelle in cui si è trovato il mio assistito - ha dichiarato l'avvocato Giuseppe Caparrucci - il nostro ordinamento consente di bilanciare gli effetti della contestazione delle aggravanti con quelli delle attenuanti, ma questo purtroppo non è successo. Ricorreremo in appello».

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