Roma, riecco il tavolino selvaggio, assedio non solo in Centro: sei municipi senza regole

Roma, riecco il tavolino selvaggio, assedio non solo in Centro: sei municipi senza regole
di Camilla Mozzetti
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Lunedì 9 Aprile 2018, 07:49
La tempistica è la stessa con cui le margherite tornano a fiorire nei prati. La primavera su Roma ha questo duplice effetto: rinvigorire i colori dei giardini e far tornare sulle strade decine e decine di tavolini di bar e ristoranti. E non solo nel centro storico. Con le temperature in rialzo, gli esercenti si sono sfregati le mani: «Si torna a fare affari». Anche in barba alle regole. Eccola la Capitale nella prima vera domenica di caldo: tavolini nei posti riservati alle auto o attaccati alle pareti di palazzi, di fronte ai portoni, sulle vetrine di altri negozi chiusi. Fioriere polverose e cestini porta rifiuti piazzati al centro dei marciapiedi con i menù giganti a occupare quel passaggio che resta. Che accada al Centro è purtroppo storia conosciuta. Eppure qui moltissime sono le strade e le piazze dotate dei cosiddetti Pmo, i Piani di massima occupabilità, quei dispositivi che il I Municipio continua a varare nella speranza (vana?) di ridurre le occupazioni di suolo. Il problema è che ormai tavolino selvaggio non è prerogativa solo delle zone monumentali ma dilaga un po' ovunque: da piazza Sempione a Colli Portuensi, da viale Europa via Baldovinetti. Il motivo? Molto semplice: l'inerzia delle amministrazioni municipali. Se, infatti, in centro i piani sono obbligatori, in altre zone sono soltanto consigliati. Con il rischio che si creino quartieri (e quindi cittadini) di serie A e di serie B, come se le regole (quelle sensibili per la tutela del decoro della Capitale) potessero essere a corrente alternata.

LA PRASSI
I Municipi, infatti, fatta esclusione di quello del centro storico non sono obbligati ad adottare i Piani di massima occupabilità. Semplicemente, il Comune da anni li invita tramite la delibera 39/2014 a dotarsene laddove se ne reputi necessaria la presenza. Morale? In molti quartieri pur essendoci numerosi bar, bistrot e ristoranti, le amministrazioni municipali non si sono ancora adoperate per dare un ordine e le attività che ci lavorano, al primo raggio di sole tirano fuori tutti gli strumenti per attrarre più clienti, sfruttando in due casi su tre suolo pubblico oltrepassando i limiti consentiti dalle autorizzazioni che per di più, in aree lontane dal centro, hanno canoni di occupazione molto bassi e non superiori in media ai 104 euro al mq l'anno. Tanto la prassi è questa: se in Centro i controlli sulle irregolarità sono intermittenti, figuriamoci cosa succede in quelle strade che non sono dotate di regole certe.

LE ZONE
Qualche esempio? In viale Aventino ieri, pochi passi dal Circo Massimo, due attività di somministrazione avevano allestito una tripla fila di tavolini al bordo del marciapiede con i clienti che potevano sfruttare le auto parcheggiate a mò di schienali. In via Ostiense, invece, un locale specializzato in prodotti siciliani aveva piazzato i menù a ridosso di automobili e alberi, sul tratto più esterno del marciapiede e occupando l'altra estremità con i tavolini. Lo spazio libero per il passaggio? Ben al di sotto dei 2 metri stabiliti dalla delibera sulle occupazioni di suolo pubblico. Più o meno il canovaccio si ripeteva in maniera analoga anche in viale Marconi, viale Adriatico, via Ravenna. Tutte aree queste che spaziano dal II al XII Municipio e che andrebbero regolate ma il Campidoglio finora non ha compiuto grandi passi. L'unica novità riguarda una proposta per la modifica del Regolamento sull'occupazione di suolo pubblico che sta facendo adesso il giro nei Municipi prima di tornare in commissione Commercio. Si punta a introdurre l'obbligo per i mini-comuni di dotarsi dei Piani di massima occupabilità solo nelle isole ambientali. Il problema? Attualmente di queste isole previste dal Piano generale del traffico urbano (data aprile 2015) non ne esiste neanche una.
 
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