Roma, auto sulla folla, uno dei rom confessa: «Non ho la patente, ho perso la testa»

Roma, auto sulla folla, uno dei rom confessa: «Non ho la patente, ho perso la testa»
di Paola Vuolo
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Mercoledì 3 Giugno 2015, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 14:21

«Avevamo paura che ci linciassero, siamo rimasti nascosti perché dopo quello che era successo la gente ci avrebbe ammazzato». Parla tra le lacrime Antony H. 17 anni, e racconta la sua verità agli agenti della Mobile che lo hanno appena catturato insieme al fratello Samuel di 19. La dice prima di essere interrogato dal pm, perché poi si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Ci siamo nascosti perché avevamo paura». La voce trema, il pianto è inarrestabile.

Mercoledì scorso i due giovani rom erano sull’auto che nel popoloso quartiere di Boccea ha travolto e ucciso Corazon Abordo, la colf filippina di 44 anni e ferito altre otto persone.

Alla guida della macchina, una Lancia Lybra, c’era Antony, il ragazzo non si è fermato all’alt delle volanti: «Quando ho visto la polizia sono scappato perché non ho la patente, ho accelerato e non sono riuscito più a fermarmi. Ho perso la testa, ho visto la gente che volava davanti alla macchina, non ho capito più nulla, ho avuto paura e sono fuggito dall’inferno che avevo provocato è stata una reazione istintiva». Il minorenne è accusato con il fratello di omicidio volontario.

LA FUGA La loro latitanza è durata 5 giorni appena, è stata la madre a dire agli investigatori della Mobile guidata da Luigi Silipo che i figli erano nascosti in un terreno agricolo della Massimina, a 5 chilometri dall’accampamento rom della Monachina. I fratelli erano nascosti dietro ai covoni di fieno, quando gli agenti li hanno chiamati per nome sono usciti e hanno pianto. «Ho paura che i miei figli vengano ammazzati, andate a prenderli».

Alla fine la madre di Antony e Samuel ha ceduto alle pressioni della polizia. Fin dal primo giorno la donna ha lanciato appelli ai figli perché si costituissero, ma poteva bastare? La polizia ha setacciato il campo ed eseguito sopralluoghi ogni giorno, i familiari e gli amici dei fratelli sono stati chiamati in questura anche in piena notte. Una pressione continua.

IL PADRE Ora resta da chiarire chi c’era quella sera inmacchina oltre ai fratelli e a Maddalena, la moglie di Antony, che è stata fermata subito dopo l’incidente. Secondo gli investigatori non ci sarebbe stato nessun altro, anche se non si esclude ancora completamente l’ipotesi del quarto uomo, forse Bhato, il padre dei fratelli, ma è tutto da verificare. L’uomo nelle ore successive all’incidente aveva detto di essere lui alla guida dell’auto, ma gli investigatori non gli hanno creduto. Bhato voleva solo salvare il figlio più piccolo, oppure ha detto una mezza verità?

E cioè che anche lui era nella Lybra, così come ha raccontato un testimone del campo della Monachina. L’uomo avrebbe detto di avere visto Bhato uscire dall’accampamento insieme ai figli e alla nuora, dovevano accompagnarlo in ospedale. Sono racconti tutti da verificare, gli inquirenti ritengono però poco probabile che se un quarto uomo ci sia stato, possa trattarsi di un boss. E tendono pure ad escludere legami della famiglia rom con la criminalità organizzata.