Mafia Capitale, pentiti e minacce. Carminati: chiarirò molte cose. Chiesto il giudizio per Alemanno

Mafia Capitale, pentiti e minacce. Carminati: chiarirò molte cose. Chiesto il giudizio per Alemanno
di Valentina Errante e Sara Menafra
4 Minuti di Lettura
Sabato 21 Novembre 2015, 02:27 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 08:47

No, quello a Mafia capitale non sarà un processo come tutti gli altri. A dirlo sono le centinaia di giornalisti e fotoreporter che si appassionano ad ogni dettaglio dell'aula, i manifestanti davanti ai cancelli di piazzale Clodio, gli imputati d'ogni caratura politica e criminale e le 150 aspiranti parti civili. E lo dice, attraverso il suo avvocato, anche Massimo Carminati. Il Nero, spiega il suo legale Giosuè Naso, è «pronto a parlare»: «Quando sarà il momento si difenderà in maniera diversa rispetto a tutti gli altri processi in cui è stato coinvolto e nei quali ha mantenuto un dignitoso silenzio». Un messaggio filtrato anche negli scorsi mesi e poi smentito che potrebbe far tremare la vecchia e la nuova politica. Nella storia del presunto leader di Mafia capitale ci sono i rapporti coi Nar e la Banda della Magliana, ma anche i legami con le cooperative sociali di centrosinistra e i solidissimi rapporti con la destra romana, a cominciare da quel che dice l'inchiesta a proposito dell'ex capogruppo del Pdl alla Regione Luca Gramazio (accusato di mafia).

Quando gli ultimi avvocati entrano in aula, la ”Occorsio” già trabocca di gente.

Oltre alla folla, a dire che è un maxi processo sono i 46 imputati, i 3 anni d'inchiesta sintetizzati in migliaia di pagine di atti giudiziari, i legami con tutti gli scandali della Capitale, dai servizi pubblici alla criminalità di Ostia. Alla mattinata di gala mancano solo le «star» dell'inchiesta: a Massimo Carminati, considerato il leader dell'organizzazione il tribunale ha vietato di partecipare al processo. Appare in un monitor del tribunale: bottiglia d'acqua e fogli su un tavolino da cui non si stacca per quasi tutta l'udienza. Stessa decisione è toccata a Salvatore Buzzi con una linea confermata anche per Riccardo Brugia, «l'occhio destro di Carminati» come lo definisce il suo stesso difensore Naso, e Fabrizio Testa, fino a qualche mese fa manager in aziende pubbliche in quota centrodestra.

«UN PROCESSETTO»

Proprio la partecipazione al dibattimento da parte degli imputati è il primo punto di discussione di un processo che si annuncia epocale per dimensione e ritmo di udienze. E già da questo primo scontro si capisce che in futuro le parti in campo useranno l'artiglieria pesante: «Chi stabilisce quanto è complesso un dibattimento? - attacca subito Naso, storico difensore di Massimo Carminati che lo assiste anche in questa occasione assieme a Brugia e Testa - Scusi se lo dico, ma questo è un processetto, tecnicamente. E' montato da una campagna dei mass media che ha dietro una regia precisa, sulla posizione di Carminati nulla quaestio, in quanto in regime di 41 bis, ma questo discorso non può valere per gli altri miei assistiti».

Quindi Naso si rivolge direttamente alla presidente del collegio, Rosanna Ianniello: «Il collegio che lei presiede è un ottimo collegio. Guarda caso è lo stesso che si è espresso sul caso Fasciani, ma se altri, tra i miei colleghi hanno pensato all'”inguacchio” io sono stato tra i pochi a dire che siamo fortunati perché la conosco da 35 anni».

LE PARTI CIVILI

La procura non gradisce, ovviamente. E' il pm Giuseppe Cascini a parlare: «Tutti i processi sono molto seri e tutti gli imputati vanno rispettati. Io non vado nei corridoi a dire a tutti i giudici che sono i migliori». Lo scontro si chiude in pochi minuti, respinta anche l'istanza del difensore di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, che lo vorrebbe presente in aula o almeno non sballottato ogni settimana da un carcere all'altro: «Qui è stato leso il diritto alla difesa», insiste.

In aula si aggirano gli altri protagonisti del processo. Luca Odevaine, ex capo di gabinetto di Veltroni, ma anche il costruttore Daniele Pulcini che a un certo punto sbotta: «Queste sono solo tangenti all'amatriciana». Gianni Alemanno potrebbe arrivare presto in questo processo, ieri la procura ha chiesto anche per lui il giudizio per corruzione (ma non più per mafia). Gli imputati insistono: «La mafia romana non esiste». Per le 150 parti civili che vanno da Confindustria a 37 ospiti del campo rom di Castel Romano, passando per Regione e Comune, ha distrutto la città. Starà alla X sezione penale sciogliere il nodo.