Mafia Capitale, parla Carminati: «I miei soldi? provengono dal colpo al caveau»

Mafia Capitale, parla Carminati: «I miei soldi? provengono dal colpo al caveau»
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Martedì 22 Novembre 2016, 20:40 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 08:04
È scontro frontale nel processo a Mafia Capitale tra le difese di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, i due imputati-chiave, nei confronti degli investigatori e inquirenti che hanno portato avanti l'indagine che sconvolto i palazzi della politica all'ombra del Campidoglio. La battaglia processuale, che oggi ha vissuto uno snodo importante, si sposata sulla 'solidità' delle prove che stanno a dimostrare l'esistenza di una organizzazione di stampo mafioso.

È toccato allo stesso Carminati prendere la parola, in collegamento video dal carcere di Parma, e lanciare stoccate ai carabinieri del Ros che hanno condotto la fase embrionale dell'inchiesta sul 'mondo di mezzo' dal 2010. «È ovvio dal 2002 da dove proviene la mia disponibilità economica - ha affermato l'ex esponente dei Nar - Se c'erano tutti questi dubbi sulla mia partecipazione al colpo del caveau a piazzale Clodio (avvenuto nel luglio del 1999 ndr) potevano dirlo subito così mi assolvevano invece di condannarmi». Carminati aggiunge anche che «c'erano tanti documenti in quel caveau, ma anche tanti soldi e io qualche soldo l'ho preso. Solo i carabinieri fanno finta di non capire da dove arrivi questa mia disponibilità economica, è ovvio».

Parole arrivate a poche ore di distanza dalle deposizioni due ex alti ufficiali del Ros, citati come testimoni proprio dai difensori di Carminati. «Non mi risulta che Carminati - ha spiegato il colonnello Massimiliano Macilenti - fosse legato o utilizzato dai servizi segreti». Nel corso dell'audizione l'ufficiale dei carabinieri, ora in servizio alla Presidenza del consiglio dei ministri, ha ricostruito la genesi dell'inchiesta, a partire dall'indagine 'Catena' nel 2010, e in particolare l'ipotesi di appartenenza di Carminati ad una associazione a delinquere dedita al riciclaggio. «La nostra attività di indagine - ha affermato Macilenti rispondendo alle domande dell'avvocato Giosuè Naso, difensore di Carminati - ha riguardato in particolar modo il rapporto di Carminati con il negozio Bluemarvin (di proprietà della moglie di Carminati), il rapporto tra l'ex esponente del Nar con il commercialista Marco Iannilli e la gestione del ristorante Celestina». In merito all'ipotesi di esistenza del reato di riciclaggio, Macilenti ha aggiunto che al termine degli accertamenti apparve «idoneo alla polizia giudiziaria fare richiesta alla Procura di Roma. Furono fatte note informative, citati fatti, messi in cronologia e segnalati all'autorità giudiziaria».

Dal canto suo il maggiore Francesco De Lellis, che è stato a capo del secondo reparto del Ros, ha affermato che l'attività di indagine fino al «febbraio del 2013 non ha riscontrato episodi contro la pubblica amministrazione di stampo mafioso».
Soffermandosi sul ruolo di Buzzi, l'ufficiale ha specificato di non avere «mai detto alla Procura che facesse attività di associazione di stampo mafioso». Nel corso del suo intervento, De Lellis ha comunque spiegato che ad «occuparsi dell'aspetto mafioso» nella inchiesta non era il secondo reparto, ma l'anticrimine del Ros. Rispondendo alle domande dei difensori, De Lellis ha ricostruito i rapporti tra Massimo Carminati e Buzzi.
«L'ex Nar era di fatto un socio occulto di Buzzi - ha aggiunto - stavano al 50%: loro quando parlavano non distinguevano tra le varie coop, parlavano di tutta l'attività posta in essere dalle coop. Quindi non è possibile distinguere i vari appalti».
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