Roma, street food: emergenza abusivi. Il menu sul telefono: «Pollo o riso, tutto a 6 euro»

Roma, street food: emergenza abusivi. Il menu sul telefono: «Pollo o riso, tutto a 6 euro»
di Laura Bogliolo
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Mercoledì 6 Marzo 2024, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 17:06

Sullo smartphone mostra il menù. «Vedi? Costa tutto sei euro, roba buona, cucinata da me, fidati». Invita quindi ad assaggiare «pollo al curry, pollo con patate o semplicemente riso, cosa preferisci?». Scorre un chat con le ordinazioni arrivate il giorno prima e per invogliarti a mangiare mostra anche le foto di abbondanti pietanze sistemate dentro a vaschette di alluminio. La "chef", una signora sudamericana di mezza età, poi si avvicina a un carrello della spesa stracolmo, si china, cerca velocemente e prende il cibo già cotto, pronto a essere venduto. Intanto l'odore di spezie, fortissimo, avvolge la strada che si riempe di clienti stranieri, quasi tutti dell'America Latina. Accento spagnolo, «la sua - dicono le amiche - è proprio una professione». «È il suo lavoro, cucina a casa e vende qui, tutto il giorno». C'è poi chi «la mattina presto porta bustoni pieni di thermos che contengono caffè caldo». Perché «in questo posto - dice una signora peruviana che nella vita fa la badante - trovi da mangiare tutto il giorno».

Sempre aperto

Non conosce orari lo street food etnico abusivo in piazza dei Cinquecento. Nessuna sosta, neanche scontrini ovviamente, figuriamoci il pagamento dell'occupazione di suolo pubblico. E l'Haccp? Ossia il rispetto del sistema di controllo sulla produzione degli alimenti? «Cosa?» risponde chi si improvvisa ristoratore. Dimenticatevi il rispetto delle regole: siamo, dopotutto, a Termini, all'uscita della stazione della metro che è quasi una scuola di vita per molti romani. Se si riesce a raggiungere il "punto vendita" sudamericano, infatti, vuole dire che si è usciti indenni dai tentativi di borseggio nei vagoni della metro, e, subito dopo in superficie, si è acquisita una certa esperienza sui luoghi da evitare. Su piazza dei Cinquecento, lato portici verso via Cavour, ci sono pusher, sbandati e un corridoio di giacigli improvvisati. Attenzione a scegliere quell'uscita della metro, c'è il rischio di trovarsi davanti a qualcuno che si abbassa i pantaloni e fa i bisogni.
 

I punti vendita

Dall'altra parte della strada, invece, l'entrata della stazione è occupata dagli specialisti dello street food abusivo.

Lo spazio si è ristretto per i lavori di riqualificazione della piazza, ma gli affari restano floridi. Tra l'altro, non è l'unico "punto vendita". In tanti (se c'è bel tempo) si radunano davanti all'entrata del complesso monumentale delle Terme di Diocleziano, in via Enrico de Nicola. I blitz ci sono e segnalano anche record di sequestri. Nel 2018 i carabinieri portarono via 30 chili di generi alimentari e sanzionarono tre cittadini peruviani.

I controlli

Già, i controlli. Mentre si finge di aver scelto la pietanza preferita dal menù mostrato sullo smartphone (un piatto di pollo al curry) una donna seduta sul muretto mentre mangia, grida spaventata: «Policía!». Passa una volante, ma sfreccia via. «Tempo fa - spiega la signora peruviana - hanno multato chi vendeva cibo, una sanzione di 5mila euro». E nonostante il viavai delle forze dell'ordine sia continuo (siamo a Termini, dopotutto) gli affari dello street food sudamericano proseguono senza sosta. Molti residenti conoscono bene il mercato del cibo precotto e anche le conseguenze più visibili: i cumuli di piatti e bicchieri di plastica spesso abbandonati sui marciapiedi.

La scelta

I mercatini di cibo etnico abusivo vengono segnalati nelle varie zone di ritrovo delle comunità straniere. Sembra anche a Colle Oppio. Pare poi che ogni nazionalità abbia le sue strade preferite disegnando così una sorta di mappa immaginaria di vendita illegale di "specialità" culinarie. Da piazza dei Cinquecento, regno dei latinos, spostandosi in via Giolitti, si trovano venditori ambulanti specializzati in pietanze africane. Arrivano sempre trascinando carrelli della spesa, o addirittura trolley, ma gli odori sono diversi. Dopotutto stavolta offrono carne. Un ragazzo che sembra essere conosciuto dai clienti che aspettano poco distante dall'uscita della stazione ferroviaria, tira fuori da un borsone spiedini cotti. Per addentarli in strada (senza sapere che tipo di carne sia, né la provenienza e ovviamente la data di scadenza) servono solo pochi euro. Il venditore porta con sé anche condimenti custoditi dentro bottiglie di plastica.

L'organizzazione

La distribuzione del cibo take away non sembra casuale. È quasi un appuntamento fisso sul marciapiede all'angolo con via Gioberti, concordato, anche in questo caso, probabilmente attraverso gruppi chat. Il mercato nero delle pietanze etniche dopotutto ha poche regole: si cucina a casa, si trasporta in condizioni igieniche precarie il cibo non tracciabile e si distribuisce. Alla luce del giorno, senza che nessuno intervenga. «Ma c'è anche chi vende carne non cucinata non ben identificata sottovuoto dentro pacchetti di plastica» dice un abitante della zona, abituato ormai al suk quotidiano dove il cibo take away abusivo è protagonista. In questo caso, però, la florida attività commerciale si sviluppa poco più avanti, sotto ai cosiddetti ballatoi da sempre al centro di numerosi blitz delle forze dell'ordine. Non per spaccio di cibo, ma di droga.

 

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