L'INTERCETTAZIONE
Lo scorso maggio, a un mese dalle elezioni, il funzionario si stava già interessando ai futuri assetti dell'amministrazione. Il 15 del mese parla con Salvatore Romeo in chat. «Ho appena finito di studiare la normativa per gli incarichi nelle strutture di diretta collaborazione del sindaco e del vicesindaco», dice. Si riferisce al Testo unico degli enti locali, lo stesso che, secondo i magistrati, pochi mesi dopo sarebbe stato applicato in modo irregolare nella nomina del suo fratello maggiore Renato alla direzione del Turismo e che, per l'Anac, potrebbe essere stato violato pure nella promozione di Romeo a capo della segreteria della sindaca. Una seconda conferma dello strapotere dell'ex dirigente comunale, arriva anche dal fascicolo che più di tutti fra tremare la giunta pentastellata: quello in cui la Raggi e l'ex vicecapo di gabinetto sono indagati per la nomina di Marra senior.
L'ASSESSORE
Martedì la conferma al ruolo di Marra, nella nomina del fratello, è arrivata anche dalle dichiarazioni dell'assessore allo Sviluppo Economico Adriano Meloni, sentito a lungo dal pm Francesco Dall'Olio, titolare dell'inchiesta a carico di Virginia Raggi e dello stesso Marra, in merito alla nomina di Renato. E' stato Meloni a pronunciarsi, in ultima istanza sulla promozione contestata. Sentito come teste, ha raccontato che a raccomandargli quella nomina sarebbe stato proprio Raffaele. «Il suo nome non mi è stato imposto, mi è stato suggerito da lui».
IL RIESAME
Il Riesame parla di «mercimonio della funzione in cambio di denaro»: 367mila euro e un appartamento a prezzo scontato, utilità ottenute nel 2010 e nel 2013 da Raffaele Marra, in carcere per corruzione, dall'imprenditore Sergio Scarpellini, ora ai domiciliari. E' l'immobiliarista a confermarlo. Ha raccontato ai pm di avere dato quei soldi a Marra non certo per simpatia: «Se gli dicevo di no era un nemico ti blocca una pratica, io l'ho aiutato perché stava in quella posizione, all'usciere non l'avrei fatto». La dichiarazione è più credibile alla luce di un'intercettazione eloquente. E' il 26 maggio, un imprenditore parla con Scarpellini: «La devono smettere di chiedere soldi è una cosa oscena basta, non me ne frega niente», dice. «A me sì», risponde l'immobiliarista. Per i giudici è la «dimostrazione della sua disponibilità a piegarsi per salvaguardare i propri interessi alle richieste di persone, come Marra, con importanti incarichi».