Rieti, una chiesa in Bangladesh
per ricordare il martirio di Simona

Simona Monti
di Raffaella Di Claudio
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Venerdì 22 Luglio 2016, 07:53 - Ultimo aggiornamento: 13:24
RIETI - «Sin dall'inizio, al di là dell'umana sofferenza, abbiamo accettato con lucidità la morte di Simona come un martirio e oggi, con questo progetto che prevede la costruzione di una chiesa vicino Dacca, vogliamo dare un messaggio di speranza ai cristiani che vivono in Bangladesh, affinché possano continuare a professare la propria fede in Cristo». A parlare è don Luca Monti, fratello di Simona, la 33enne di Magliano Sabina, incinta di cinque mesi del piccolo Michelangelo, barbaramente uccisa in Bangladesh, a Dacca, durante un attacco terroristico dell'Isis in cui hanno perso la vita 20 persone, tra cui 9 italiani.

Don Luca che da quel maledetto primo luglio, quando la sorella è stata torturata fino ad essere uccisa, non ha mai usato parole di odio. Ha sempre cercato e chiesto a chi conosceva Simona di trasformare quel dolore in speranza. E oggi quel messaggio prende forma in una nuova chiesa che verrà costruita nel piccolo villaggio di Harintana, a pochi chilometri dalla capitale bengalese. Dal dolore per la perdita della giovane Simona, il fratello e i suoi genitori, come annunciato in occasione dell'ultimo saluto alla 33enne, hanno voluto lanciare «un messaggio di riconciliazione», invitando i cittadini di Magliano e tutte le persone accorse alla fiaccolata, alla camera ardente e ai funerali della ragazza a fare una donazione a sostegno dei cristiani perseguitati nel mondo. Una maratona di solidarietà che in poche ore ha permesso di raccogliere una somma consistente, che contribuirà in maniera fondamentale alla creazione della chiesa.

LE DONAZIONI
«Con i soldi raccolti, cinquemila euro ha continuato don Luca ci siamo rivolti alla Fondazione «Aiuto alla chiesa che soffre onlus» (Acs, ndr) e tra i progetti che ci sono stati illustrati c'era quello della costruzione di una nuova chiesa da intitolare a San Miche Arcangelo, nel villaggio di Harintana. Un progetto che io e i miei familiari abbiamo deciso di sposare nella convinzione che potesse aiutare la piccola comunità di circa 124 cattolici a crescere e ad educare i propri figli alla vita del Vangelo e a vivere serenamente».
Al momento come racconta il direttore di Acs, Alessandro Monteduro, in quel villaggio c'è solo chiesetta di legno e stagno. «Una chiesa che il vescovo di Khulna, James Romen Boiragi ha spiegato Monteduro - ci ha detto essere troppo piccola per accogliere adeguatamente la comunità che è in crescita. E che, soprattutto nel periodo delle piogge, non permette di svolgere le messe domenicali e insegnare catechismo.

Ecco allora che il gesto della famiglia Monti assume oltre che una valenza culturale, una valenza politica perché il modo migliore per isolare i fiancheggiatori di quei fanatici che hanno compiuto l'attentato del primo luglio è rafforzare le minoranze, in questo caso, attraverso la costruzione di una chiesa». L'Acs ne sosterrà completamente la costruzione che sarà gestita direttamente in loco dalla diocesi di Khulna che ha già raccolto grazie a Propaganda Fidae circa seimila dollari. Cui si aggiungeranno le somme raccolte dalla famiglia Monti e dall'Acs che si occupa anche della formazione dei religiosi.

«Per realizzare l'opera serviranno complessivamente sedicimila euro, ma tutto ciò che riusciremo a raccogliere nell'ambito di quello che per noi è diventato il «Progetto Simona» ha aggiunto il direttore della Fondazione lo destineremo in Bangladesh».
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