Rieti, coronavirus: ristorazione, il sostegno
per la riapertura arriva dai parlamentari reatini

Locali
di Giacomo Cavoli
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Lunedì 11 Maggio 2020, 01:21 - Ultimo aggiornamento: 18:07
RIETI - Coronavirus. Incontro con i politici di tutti gli schieramenti sui bisogni: chiesto lo scarico di responsabilità, timori per il distanziamento imposto, giudicata una disposizione troppo penalizzante.

Anche i parlamentari reatini rispondono alla chiamata di ristoranti e bar (nella foto, il flash mob con luci accese della scorsa settimana) per chiedere tutele a favore del settore della ristorazione, in vista della progressiva ripresa dell’attività. A rispondere all’invito di Carlo Stocco - gestore del ristorante di Colle Aluffi, che insieme ad Antonio Di Carlo, del ristorante La Foresta, sta promuovendo il confronto online tra i titolari delle attività cittadine - sono stati Paolo Trancassini (Fratelli d’Italia), Fabio Melilli (Pd) e Gabriele Lorenzoni (M5S), accettando così di prendere parte alla videoconferenza di mercoledì prossimo dove i titolari d’impresa metteranno nero su bianco le loro richieste a Regione, Comune, Provincia e associazioni di categoria, moderati dal presidente dei consulenti del Lavoro di Rieti, Guido Rodolfo. Mentre si attende la conferma sulla partecipazione da Alessandro Fusacchia (Gruppo Misto), chi si getta più a capofitto nel sostegno alla ristorazione, tra i tre deputati, è Trancassini, proprietario insieme alla sorella de “La Campana”, a due passi da Montecitorio: «Il problema è che la ristorazione non è mai stata vista come un comparto da supportare - attacca Trancassini. - Il nostro grido di dolore nasce dal fatto che l’interlocutore non ci conosce, non parla la nostra lingua e oggi siamo tutti davanti alla stessa scelta: accettare l’agonia delle nostre imprese o scegliere se praticare l’eutanasia. Pensare che si riapra dando una data significa non sapere che la ristorazione, che ha chiuso per prima e riaprirà per ultima, ha bisogno che ripartano tutte le altre attività, oltre ad essere premiata se riuscirà a riportare al lavoro tutti i suoi dipendenti».

Le priorità
In attesa della videoconferenza, i titolari reatini continuano a mettere nero su bianco le loro richieste, fra cui l’aumento temporale della cassa integrazione per i dipendenti, il ritorno ai voucher soprattutto per i ristoranti, una tempistica reale sui prestiti del decreto Cura Italia, l’azzeramento delle tasse comunali (ma servirebbe che lo Stato ristorasse i Comuni, e fino ad ora non c’è traccia di questo) e lo spostamento del credito d’imposta sugli affitti direttamente ai proprietari delle mura. I circa 160 titolari reatini aggiungono poi ora la richiesta di manleva del responsabile dell’impresa «dalle responsabilità di un eventuale contagio Covid di un dipendente dell’azienda. Non è pensabile - sostengono i gestori reatini - che si possa essere ritenuti responsabili anche della vita che viene condotta al di fuori dell’attività, perché non possono esserci prove che il contagio sia avvenuto all’interno della struttura di lavoro. L’idea di dover arrivare ad un eventuale giudizio per dimostrare la propria estraneità ai fatti non può essere contemplata». «Ho letto le bozze dell’ultimo decreto, che parlano di un distanziamento sociale di quattro metri fra i tavoli, con schermi divisori fra i commensali: se dovesse essere così, il 1° giugno non riaprirò, perché non sono disposto a porgere il fianco se non mi metteranno in condizioni di lavorare - spiega Elia Grillotti, presidente provinciale di Federcuochi, titolare del ristorante La Corte. - Con queste misure, anche quel poco di lavoro consentito è una baggianata: andare a cena è una distrazione e, se non c’è vita sociale, per quale motivo la gente dovrebbe andare al ristorante?».
 
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