Vatileaks 2, Nuzzi convocato per interrogatorio

Vatileaks 2, Nuzzi convocato per interrogatorio
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Sabato 21 Novembre 2015, 11:50 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 10:13

Mentre i cardinali vanno al contrattacco su Vatileaks 2, con Bagnasco, Comastri e Versaldi che scendono in campo per difendere Papa Francesco e per «non farsi schiacciare», Gianluigi Nuzzi indagato per il suo libro «Via Crucis» annuncia su Fb si essere stato convocato martedì 17 per essere interrogato dagli inquirenti vaticani. Il giornalista, accusato di concorso per la fuga dei documenti riservati insieme ad Emiliano Fittipaldi autore di «Avarizia», ha spiegato che «valuterà cosa fare», aggiungendo però di essere «sereno».

La svolta delle indagini di giovedì, con la chiamata in correità dei due autori dei libri, prende pertanto una strada più concreta: come apprende l'Ansa, infatti, una parallela convocazione è stata fatta per Fittipaldi.

Anche perchè mancano ormai pochi giorni alla chiusura delle indagini, in quanto in Oltretevere si vuole finire prima dell'inizio dell'anno santo, programmato per l'8 dicembre. In attesa di sviluppi, per la prima volta Francesca Chauoqui, arrestata e poi rilasciata per lo stesso reato, ha fatto sentire ieri sera la sua voce a «Piazza pulita»: «Io non sono strumento di nessuno», ha detto, spiegando di avere rispetto per il Papa e per «l'attività di indagine che si sta svolgendo in Vaticano, attività inquirente nella quale io per prima credo». L'obiettivo degli inquirenti è chiarire ogni aspetto: «Le ombre sono ombre - ha detto da parte sua il presidente Cei, card. Angelo Bagnasco - ma non dobbiamo averne paura e le dobbiamo riconoscere onestamente; dobbiamo soffrire per queste ombre, ma non lasciarsene schiacciare. Io spero che soprattutto il popolo di Dio non si lasci fuorviare, schiacciare, intristire da queste cose molto tristi, molto dolorose».

Più diretto l'intervento dell'arciprete di S.Pietro, il card. Angelo Comastri che smentisce «quanto ha asserito il giornalista Emiliano Fittipaldi, nel libro "Avarizia" riguardo alla Fabbrica di San Pietro e, in particolare, riguardo alle persone e agli eventi da essa promossi». «Preciso che tutta l' attività della Fabbrica è stata sempre onesta e scrupolosamente controllata dai superiori e approvata con ampi elogi».

Da parte sua Giuseppe Versaldi, prefetto per l'Educazione cattolica, ma dal 2011 presidente della Prefettura degli affari economici della S.Sede, ricostruisce i rapporti con mons. Lucio Vallejo Balda (l'unico accusato al momento nelle celle vaticane) con cui ha lavorato prima che lo spagnolo fosse trasferito alla Cosea, la Commissione al centro dello scandalo Vatileaks 2. «La Cosea - ha detto Versaldi - aveva una autonomia ed io non avevo più nè desiderio nè possibilità di interloquire. Da lì in avanti non ho più capito che parabola abbia avuto: come voi sono spettatore di questa infelice e drammatica conclusione per lui e per la Chiesa perchè la grande responsabilità che il Papa ha dato a queste persone doveva essere coniugata con un servizio rispettoso della volontà del Papa».

Francesco, ha proseguito, «ha voluto questa riforma, io l'avevo iniziata già con Benedetto XVI poi ha preso giustamente una accelerazione e anche un cambiamento di persone necessario, perchè quando uno vuol cambiare non può prendere le persone che c'erano prima. Il Papa ha provveduto a queste cose e non capisco lo scopo di voler rendere pubblico anche ciò che era riservato, è quasi una mancanza di fiducia sulla volontà del Papa di riformare e invece lui vuole fare queste riforme! Quello che mancava in Vaticano da quando sono arrivato io è l'idea più moderna dell'economia. Quando ho cominciato nel 2011, cercare di controllare è stato visto come una mancanza di fiducia anzichè come una collaborazione per sollevare anche da responsabilità individuali anche perchè una persona può sbagliare in buona fede. Il controllo ha trovato un certo clima di difesa, ma non in malafede. I casi di malaffare si contano sulle dita di una mano. È proprio l'idea di un controllo non come sfiducia, ma come aiuto che deve entrare e quando non entra c'è un ritardo nei tempi di attuazione di quello che è normale in qualunque istituzione moderna».

Riguardo alla «signora Chaouqui - ha concluso - io non la conoscevo, non l'ho vista operare. Non ha mai lavorato con me. Cosa pensavo? Con il senno di poi quello che pensano tutti. Penso che se ne sia approfittata. Lei ha la sua linea difensiva ed io non voglio entrare in queste cose».

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