In questi cinque anni di pontificato sul suo tavolo sono arrivati resoconti poco edificanti su scandali, crack economici, truffe, sottrazioni indebite di denaro che avevano al centro monaci e frati certamente più attenti al conto corrente e al portafogio che non al percorso evangelico. Nemmeno l'ordine dei Francescani, fondato dal Poverello di Assisi, ne è stato immune. Insomma, sembra proprio che anche in sacrestia valga il motto latino: Pecunia non olet.
Papa Francesco si è così lasciato andare ad un discorso addolorato: «Senza povertà non c’è fecondità nella vita consacrata. Ed è muro, ti difende. Ti difende dallo spirito della mondanità. Noi sappiamo che il diavolo entra dalle tasche. Tutti noi lo sappiamo. E le piccole tentazioni contro la povertà sono ferite all’appartenenza al corpo della vita consacrata. (…) E questo non si può negoziare. Senza povertà noi non potremo mai discernere bene cosa sta accadendo nel mondo. Senza lo spirito di povertà. Lascia tutto, dai ai poveri, ha detto il Signore a quel giovane. E quel giovane siamo tutti noi (…) Ci sono tre scalini per passare dalla consacrazione religiosa alla mondanità religiosa. Sì, anche religiosa; c’è una mondanità religiosa; tanti religiosi e consacrati sono mondani. Tre scalini. Primo: i soldi, cioè la mancanza di povertà. Secondo: la vanità, che va dall’estremo di farsi “pavone” a piccole cose di vanità. E terzo: la superbia, l’orgoglio. E da lì, tutti i vizi. Ma il primo scalino è l’attaccamento alle ricchezze, l’attaccamento ai soldi. Vigilando su quello, gli altri non vengono. E dico alle ricchezze, non solo ai soldi. Alle ricchezze».
© RIPRODUZIONE RISERVATA