CITTA'DEL VATICANO - Come fermare i tagliagola dell’Isis? Come arrestare le violenze sui cristiani e le minoranze in Iraq e in Siria?
Le bombe per fermare l’avanzata del Califfato sono moralmente giuste? In questi mesi gli interrogativi si sono inseguiti angosciosi, rimbalzando dal Palazzo apostolico alle diocesi siriane e irachene, o a quelle giordane o libanesi impegnate a soccorrere migliaia e migliaia di profughi in fuga, senza più nulla, terrorizzati, impauriti. Interrogativi che tormentano i vescovi mediorientali che hanno partecipato al Sinodo sulla Famiglia e che hanno descritto al Papa e ai cardinali situazioni terribili.
Quale è la linea del Vaticano? Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, stamattina ha preso la parola al concistoro convocato proprio per affrontare il nodo mediorientale. Un discorso ampio che sgombra diversi dubbi. Innanzitutto, dice, bisogna “fermare l’aggressore ingiusto”, in questo caso l’Isis. “E’ lecito” ma deve essere fatto “nel rispetto del diritto internazionale”.
“Per quanto riguarda il cosiddetto Stato Islamico, va prestata attenzione anche alle fonti che sostengono le sue attività terroristiche attraverso un più o meno chiaro appoggio politico, nonché tramite il commercio illegale di petrolio e la fornitura di armi e di tecnologia". Parolin sembra puntare il dito ai flussi finanziari (enormi) e ai conti correnti di cui può disporre l’Isis in Europa, a Londra, in Svizzera, o a New York. Perché non congelare quei fondi?
La situazione per la minoranza cristiana è drammatica. Il mese scorso in Vaticano si sono riuniti tutti i nunzi apostolici della regione per fare un punto. “Abbiamo ascoltato atrocità perpetrate da più parti nella Regione, ma in particolare dai fondamentalisti del gruppo denominatosi Stato Islamico, un`entità che calpesta il diritto e adotta metodi terroristici per tentare di espandere il suo potere: uccisioni di massa, decapitazione di chi la pensa diversamente, vendita di donne al mercato, arruolamento di bambini nei combattimenti, distruzione dei luoghi di culto...". Il cardinale fa presente che si tratta di violazioni non solo del diritto umanitario internazionale ma dei diritti umani più elementari. La Chiesa si batte perché ai profughi sia consentito di fare ritorno.
Infine, il ruolo dell`Iran, ritenuto dal Vaticano un Paese chiave per la risoluzione della crisi in Siria e nella stessa lotta contro il cosiddetto Stato islamico. Davanti a 86 tra cardinali e patriarchi orientali ha auspicato che Teheran venga coinvolga maggiormente dalla comunità internazionale nei colloqui e nelle trattattive che sono all’orizzonte. "Il coinvolgimento dell’Iran, la moltiplicazione e il miglioramento delle sue relazioni con la Comunità internazionale contribuiranno a favorire anche una soluzione soddisfacente alla questione nucleare”.
E la comunità cattolica, minoranza in difficoltà, cosa può fare laddove si concentrano le azioni di guerra e di violenza? I vescovi e i patriarchi come possono agire? "I cattolici, come un piccolo gregge, hanno la vocazione di essere lievito nella massa. Essi, uniti tra di loro e con i fedeli delle altre Chiese cristiane, collaborando con gli appartenenti ad altre religioni, soprattutto con i musulmani, sono chiamati ad essere artefici di pace e di riconciliazione e, senza cedere alla tentazione di cercare di farsi tutelare o proteggere dalle autorità politiche o militari di turno per 'garantire' la propria sopravvivenza, devono offrire un contributo insostituibile alle rispettive società che si trovano in un processo di trasformazione verso la modernità, la democrazia, lo stato di diritto e il pluralismo". Considerando che nel Medio Oriente non è mai tutto bianco o nero, forse tutto questo è più facile da dire che non da mettere in pratica.
Intanto resta sul tappeto l’ipotesi di un viaggio papale in Iraq. Francesco non l’aveva escluso (“se serve non esiterei a mettermi in cammino”) e Parolin nemmeno. Insomma, si vedrà.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout