Intervista a Rajoy: «Madrid vuole dalla Ue più flessibilità sui conti o la crescita si ferma»

Intervista a Rajoy: «Madrid vuole dalla Ue più flessibilità sui conti o la crescita si ferma»
di Paola Del Vecchio
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Venerdì 27 Gennaio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 09:01
MADRID - «Non si possono avere livelli di deficit insostenibili, come quelli che è arrivata ad avere la Spagna nel 2011, intorno al 9%. Non si può spendere più di ciò che si ha. Detto questo, c’è bisogno che le norme e le procedure di controllo del deficit siano flessibili, si adattino alle circostanze e non ostacolino l’impulso alla crescita economica, obiettivo di importanza capitale per l’Europa attuale». È il segnale forte che il premier spagnolo, Mariano Rajoy, lancia alla vigilia della visita odierna a Madrid del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Italia e Spagna in prima fila per rilanciare l’alleanza mediterranea e per far crescere l’Europa. «L’Italia è un paese socio, amico col quale condividiamo complicità e forti vincoli storico culturali, sociali e commerciali, ed è il Paese col quale più strettamente si coordina la Spagna in seno all’Unione Europea», ricorda il leader del Partido Popular. Dopo la crisi che ha svalutato del 10% l’economia iberica e «un anno atipico, incerto e politicamente convulso», con due elezioni inconcludenti, Rajoy è tornato saldo al timone, seppure di un governo di minoranza. In un’intervista esclusiva con “Il Messaggero”, il presidente riconosce che «nei primi tre mesi di Governo, «cominciamo a transitare su un cammino finora ignoto nella politica spagnola, le grandi intese di Stato».

Presidente Rajoy, qual è il bilancio dei primi tre mesi?
«In meno di 100 giorni, abbiamo raggiunto intese su temi importanti come il tetto di spesa, l’aumento del salario minimo interprofessionale, i bonus sociali o il calendario della riforma dell’educazione. Sono primi passi che fanno sperare. Centreremo l’obiettivo di deficit del 3,1% fissato per quest’anno perché, seppure in proroga, abbiamo limitato la spesa a quella in esecuzione lo scorso anno. Abbiamo inoltre approvato, con l’appoggio di altre forze politiche, varie misure per aumentare le entrate, nell’ambito delle Imposte sulle società e dell’Iva».

La Spagna ha motivi di soddisfazione: un record di 75 milioni di turisti nel 2016, il Pil che cresce del 3,3%, la disoccupazione scesa dal picco del 27% nel 2013 al 18,6%. La crisi è superata?
«La mia priorità è consolidare la ripresa economica e far sì che arrivi a tutti i cittadini. Gli indicatori mostrano che siamo sulla buona strada. È importante non cambiare determinate politiche. Se continuiamo al ritmo attuale, creando fra 400mila e 500mila posti l’anno, nel 2020 avremo 20 milioni di occupati».

Anche se qui non ci sono “mini-jobs” come in Germania o voucher come in Italia, di 1,7 milioni di nuovi contratti solo 122mila sono a tempo indeterminato.
«Ieri abbiamo saputo i dati dell’Inchiesta sulla Popolazione Attiva: lo scorso anno l’economia spagnola ha ridotto il numero di disoccupati di 541.700 persone, l’occupazione è aumentata di 413.000 posti, il numero di senza lavoro è stato il più basso negli ultimi 7 anni. Sono dati positivi ma insufficienti. Dobbiamo perseverare. Credo che quello che funziona non vada cambiato. Continueremo a lavorare per migliorare la qualità dell’impiego, ma voglio ricordare che 7 salariati su 10 in Spagna hanno contratto indefinito».

La Catalogna è un problema per la stabilità e l’integrità della Spagna?
«Sarebbe molto positivo per tutti che determinati dirigenti in Catalogna capiscano che l’azione politica non consiste nella ricerca dello scontro e, meno che mai, nel saltare la legge in maniera unilaterale. Né questo esecutivo, né nessun altro può negoziare quello che non gli appartiene: la sovranità nazionale che è patrimonio di tutti spagnoli ed è plasmata nella Costituzione».

La Spagna come L’Italia ha violato le regole di riduzione del deficit della Ue. Prevede misure correttive?
«Le procedure di consolidamento del deficit di bilancio sono necessarie per garantire la fiducia e la ristrutturazione delle nostre economie. Detto questo, c’è bisogno anche che le norme e i procedimenti di controllo del deficit siano flessibili e si adattino alle circostanze, e non ostacolino l’impulso alla necessaria crescita economica, obiettivo di capitale importanza per l’Europa nell’attualità. Di fatto la stessa Commissione Europea va modificando gli obiettivi di riduzione del deficit secondo lo sviluppo delle previsioni economiche. L’importante è che gli Stati membri dimostrino di onorare gli impegni. Il che significa avere i conti in regola, creare impiego, crescere ed essere competitivi».

Come valuta la richiesta italiana di considerare gli sforzi sul fronte dell’immigrazione e i danni dei terremoti?
«La società italiana, come quella greca, sta facendo enormi sforzi di solidarietà che tutti abbiamo il dovere di riconoscere. D’altra parte, voglio rilevare l’eccellente lavoro che sta portando avanti l’Alta rappresentante per gli Affari esteri della Ue, Federica Mogherini, rivolto all’azione nei paesi d’origine. È un grande passo per evitare crisi future. Ho sempre difeso questa opzione. La gente non abbandona il proprio paese per piacere, ma per necessità».

Con l’ondata di populismi che assedia il continente, il Regno Unito che si prepara a lasciare L’Unione, l’incertezza per le prossime elezioni in Francia, Germania e anche Italia, che ruolo giocherà la Spagna?
«Noi difendiamo l’importanza della stabilità, il buon senso e il rafforzamento del progetto europeo. Le diverse crisi vissute di recente evidenziano l’importanza di coordinarci strettamente, di unire risorse e sforzi. I cittadini devono avere la percezione che le azioni dei Governi sono responsabili e puntano a promuovere i loro interessi, che la Ue gli conviene e porta loro benefici».

E l’azione comune con l’Italia?
«Spagna e Italia, paesi tradizionalmente europeisti e all’avanguardia nella costruzione europea, devono contribuire al rafforzamento del progetto europeo. Ha una speciale rilevanza il cosiddetto Processo di Bratislava sul futuro d’Europa, cominciato nel settembre scorso, che continuerà il prossimo 3 febbraio a La Valletta e culminerà il 25 marzo a Roma, con la commemorazione del 60º anniversario del trattato di Roma. Vorrei porre in valore i 60 anni trascorsi da quel Trattato e confrontarli con i 60 precedenti, quando ci furono due guerre mondiali nelle quali morirono milioni di persone. Nonostante le difficoltà, l’Europa continua a essere la migliore regione del mondo in termini di democrazia, libertà, diritti umani, progresso economico e sociale, welfare…»

La Brexit forte annunciato dalla premier Teresa May, che danni può fare all’Europa?
«Brexit rappresenta una prova per l’Europa nella sua globalità. è uno degli eventi, non il solo, che esige una riflessione seria e profonda da parte dei leader comunitari. Dobbiamo realizzare un’Unione più coesa, più efficace nell’assunzione di decisioni e con maggiore ambizione politica».

Come valuta le prime decisioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump?
«Non mi piace dare giudizi di valore. La mia responsabilità come premier è mantenere le migliori relazioni possibili con tutti i paesi, compresi naturalmente gli Stati Uniti, qualunque sia il loro presidente. Siamo soci strategici e alleati solidi e spero continueremo a esserlo nel futuro. Sulla base di questo rapporto di amicizia, la Spagna difenderà le sue convinzioni: un modello di società aperta, la libertà di commercio e la cooperazione multilaterale».

Se Trump confermerà l’intenzione annunciata di ridurre drasticamente l’appoggio alla Nato nel continente europeo, si accelererà il progetto di una Difesa europea?
«Il vincolo transatlantico resterà vigente indipendentemente dalle truppe americane dispiegate in Europa».

Il suo governo prevede di adottare iniziative per la soppressione provvisoria dello spagnolo nella pagina web della Casa Bianca?
«Secondo il portavoce della Casa Bianca, si sta attualizzando la pagina. Ho totale e assoluta certezza che lo spagnolo continuerà e esserci, ed è logico se si tiene conto che il 18% delle persone che vivono negli Stati Uniti e l’8% della popolazione mondiale parlano spagnolo».

A dicembre ha definito la situazione politica italiana, dopo i risultati del referendum e le dimissioni di Renzi, «un tremendo caos». Come la definisce oggi?
«L’importante è che ci sia stabilità. Oggi l’Italia, Paese che ci ha sempre dato grandi politici, ha un nuovo presidente, Gentiloni, al quale auguro il migliore successo nell’incarico. Ci riuniremo a Madrid e questo sarà senza dubbio molto positivo per le nostre eccellenti relazioni bilaterali e per concordare posizioni comuni in vista dei prossimi vertici europei».

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