«Fondi alla Libia come ai turchi», così l’Italia vuole frenare i flussi

«Fondi alla Libia come ai turchi», così l’Italia vuole frenare i flussi
di Marco Conti
4 Minuti di Lettura
Domenica 17 Aprile 2016, 10:02

ROMA - Per battere i populismi di casa nostra e mostrare anche al tedesco Schäuble come si fa a frenare l’avanzata di ”Alternative für deutschland”, Renzi prende per mano la Commissione Juncker spingendola a tirar fuori quanto prima quel ”Nuovo piano per l’Africa” in gestazione da dopo il vertice europeo della Valletta. Dallo scorso novembre il commissario croato allo sviluppo Neven Mimica è al lavoro e la lettera inviata ieri l’altro dall’Italia a Bruxelles ha l’obiettivo di inserire la sconclusionata, ma per certi versi comprensibile reazione dell’Austria al timore di nuovi e massicci arrivi, in un quadro di interventi che l’Europa dovrebbe mettere in atto nei e con i paesi africani.

CAMBIA LA PROSPETTIVA
Aumentare le politiche di sviluppo, incrementare gli investimenti, coinvolgere i paesi africani nella gestione dei flussi, sarà l’obiettivo del piano che da settimane ”galleggia” negli uffici della Commissione e che, secondo l’Italia dovrà contenere anche una parte sulla Libia anche alla luce delle intese raggiunte a Tripoli e di ciò che è stato fatto in Turchia per ”proteggere” il confine balcanico dell’Europa. La ”lesson one” di Renzi ai tedeschi e al resto dell’Unione, cambia la prospettiva con la quale sinora si è affrontato il problema dei migranti. Non solo, quindi, la rivisitazione degli accordi di Dublino - di cui si discuterà al vertice di giugno ma che verrà lasciata al semestre sloveno di presidenza dell’Unione - ma l’avvio di una serie di iniziative in grado di affrontare il problema alla radice e sul posto.

La lettera inviata a Bruxelles, e accolta con favore dalla Commissione Juncker, sposta il problema dei migranti da affare ”interno” - e che spesso spacca l’Unione - a nodo che i Ventotto si devono impegnare a risolvere ”fuori” attraverso politiche di cooperazione. Gestire i migranti nei paesi d’origine, regolando i flussi, e offrire ai paesi africani investimenti in grado di frenare l’esodo, sono obiettivi già concordati nel vertice di fine novembre insieme alla creazione di un fondo fiduciario di emergenza proprio per l’Africa. Propositi rimasti sinora lettera morta e che si scontrano con i problemi di bilancio. Gli stessi che frenano l’azione di Frontex sui rimpatri, ancora non iniziati malgrado le continue promesse, o l’istituzione di una forza di polizia europea. Su questa esigenza fa leva anche l’altra proposta contenuta nel ”no-paper” spedito da palazzo Chigi a Bruxelles: l’emissione di eurobond per finanziare tutto il pacchetto Africa e migranti. La ”lesson two” che Renzi offre ai tedeschi, da settimane impegnati a proteggere i loro confini attraverso la Turchia, risulterà indigesta soprattutto a Schauble. Di eurobond si è più volte parlato a Bruxelles specie quando si è discusso del pacchetto investimenti. Discussioni subito arenatesi per l’ostilità tedesca all’emissione di titoli garantiti dalla Commissione o dalla Bei. Renzi, come è suo stile, ci va ”giù piatto” e pochi giorni dopo l’accusa di Schauble a Mario Draghi di essere responsabile al 50% della crescita del partito nazionalista, offre la sua ricetta che parte dai migranti per proporre una maggiore integrazione finanziaria ed economica in grado di saltare tutti i paletti e i parametri che impediscono la crescita, soffocano le economie e fanno dilagare povertà e rancore che alimentano populismi ed estremismi.

PARALISI
Proprio ciò che sta accadendo in Austria dove tra pochi giorni si voterà per il presidente della Repubblica con la concreta possibilità che non andranno al ballottaggio i candidati dei due partiti (socialisti e popolari) che dal dopoguerra si dividono la carica. Per Renzi l’ipotesi avanzata dall’Austria di chiusura del Brennero è frutto della paralisi e di una involuzione del progetto europeo al quale il referendum sulla Brexit rischia di dare un colpo mortale. Scuotere Bruxelles, e soprattutto Berlino, non sarà facile ma anche a Washington si sta perdendo la pazienza. Un’Europa debole e senza leadership rischia di produrre conseguenze geopolitiche che gli Usa non si possono permettere. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA