Comunque vada il 23 giugno non sarà ricordato come una grande data per l'Unione Europea perché il referendum inglese è un referendum contro l'Europa e contro un processo di integrazione destinato a fermarsi anche in caso di vittoria dei "remain". Il primo ministro inglese Davis Cameron è un europeista oltremodo tiepido. Con Bruxelles ha contrattato condizioni che gli possono permettere, in caso di vittoria, di ergersi a costruttore di una nuova Europa ben lontana da quella deI padri fondatori e di Jacques Delors. Una Europa non più comunitaria, ma considerata un grande mercato unico di merci e capitali. Fine quindi al processo di integrazione, ampio spazio alle politiche intergovernative, e definitivo stop alla integrazione politica.
La prossima settimana si terrà a Bruxelles il Consiglio Europeo di giugno slittato proprio per il referendum inglese. Se vincerà la Brexit sarà la prima riunione con Cameron nelle vesti di uditore anche se per la definitiva separazione tra Londra e Bruxelles occorreranno almeno due anni.
Se a prevalere saranno gli "europeisti", si discuteranno i temi in agenda, a cominciare dall'immigrazione e dal diritto che verrà concesso agli Stati di ritardare sino a quattro anni l'accesso al welfare di cittadini europei che si spostano all'interno dell'Unione.
Comunque vada sarà un insuccesso. Almeno per l'Europa.
Marco Conti
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