Usa, avvelena la figlia di 17 mesi con il sale: voleva far tornare il marito a casa

Usa, avvelena la figlia di 17 mesi con il sale: voleva far tornare il marito a casa
di Federica Macagnone
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Giovedì 4 Agosto 2016, 16:26 - Ultimo aggiornamento: 5 Agosto, 09:43

Voleva che suo marito cambiasse idea e tornasse con lei. Con queste parole Kimberly Martines, 23 anni, di Spartanburg County, nella Carolina del Sud, ha spiegato il motivo del suo gesto folle: ha avvelenato la figlia Peyton di 17 mesi alimentandola con piccoli cucchiaini di sale.
 

 


Il 31 luglio la bambina è stata ricoverata in ospedale con febbre alta e convulsioni: dopo giorni in cui la sua vita è rimasta appesa a un filo, martedì i medici ne hanno dichiarato la morte cerebrale e mercoledì la piccola è deceduta. Kimberly è stata arrestata e, dopo ore di pressante interrogatorio, è crollata: agli investigatori ha raccontato di aver avvelenato la bimba con il sale perché voleva che il marito tornasse nuovamente di nuovo da lei. La donna, che in un primo momento era stata accusata di abuso su un bambino, adesso dovrà rispondere di omicidio: è in attesa del processo che potrebbe concludersi con una condanna a 20 anni dietro le sbarre.

Gli investigatori hanno scoperto che, a novembre scorso, il pediatra della piccola aveva chiesto alla madre di portarla da uno specialista, visto che presentava un ritardo nella crescita e non aumentava di peso: quanto questo fattore abbia influito nella decisione di Kimberly di uccidere la figlia potranno stabilirlo solo gli investigatori. Intanto la sorella gemella di Peyton e il fratellino sono stati presi in custodia dal Dipartimento che si occupa della sicurezza dei minori.

Nonostante il gesto sconsiderato, Tiffany Lazar, sorella di Kimberly, è scesa in campo in sua difesa fuori dal tribunale: «È stata una grande madre. Non avrebbe mai fatto nulla per ferire i suoi figli. C'è molto di più di quello che la gente capisce. Nessuno dovrebbe giudicarla, non c'è niente in questo mondo che avrebbe fatto per far male ai suoi figli». La realtà, purtroppo, è un'altra.

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