Come accade in mare aperto, anche sul massiccio dell'Annapurna la tempesta ha fatto i suoi naufraghi, e le sue vittime.
Sotto oltre un metro di neve, caduto martedì scorso per oltre 30 ore, sono decine e decine i dispersi tra gli escursionisti d'alta quota. «Una cinquantina» poi sarebbero i morti, secondo fonti locali della capitale nepalese Kathmandu, ha riferito Adriano Favre, direttore del Soccorso alpino valdostano. A capo di una spedizione di quattro italiani bloccati in un campo base a 5.000 metri, ma al riparo e in buone condizioni, Favre precisa che sono «notizie frammentarie», e che arrivano a operazioni di recupero ancora in corso. Sono più di 150 i sopravvissuti già soccorsi, di cui la metà non nepalesi. Chi ha potuto ha trovato riparo in casette di fortuna, mentre altri non ce l'hanno fatta, come le 23 persone trovate senza vita lungo il trekking dell'Annapurna, i cinque alpinisti dispersi, forse sepolti da una valanga nel loro campo base alle pendici del monte Dhaulagiri (8.167 metri), e i tre pastori di Yak morti mentre erano al pascolo.
L'Annapurna richiama ogni anno migliaia di escursionisti, e il mese di ottobre ha tradizionalmente buone condizioni climatiche.
La meta della spedizione di Favre non era un semplice trekking ma la vetta del Tukuche Peak, a 6.920 metri di quota, tra il Dhaulagiri e l'Annapurna. Con lui il figlio Yannick, un amico alpinista, Massimo Merlini di Roma, e Fausta Bo, che gestisce il rifugio Ferraro, in val d'Ayas (Aosta). «Io credo che chi era per strada sia finito in difficoltà serie, o è stato preso da valanghe o proprio è rimasto bloccato nella neve. Anche perchè chi fa trekking normalmente non ha grandi attrezzature», ricorda Favre. La bufera «non era prevista. L'altra mattina abbiamo visto il cambiamento del tempo e abbiamo detto 'nevichera», ma sicuramente non ci aspettavamo una tempesta di neve di 30 ore, con tutta questa neve al suolo.
Nessuno ci ha avvisati, nessuno se lo aspettava credo qui a Kathmandu«. Insomma, la sciagura forse poteva essere evitata: »Magari questa è l'occasione buona che venga diramato qualche bollettino di allerta meteo da parte delle autorità nepalesi, se ne sono a conoscenza. Perchè c'è gente sparsa un pò su tutto il territorio, persone che se venissero allertate non si metterebbero per strada, o si metterebbero in sicurezza«. Sono ore di attesa per la spedizione italiana, tra domani e sabato Favre spera di riuscire a lasciare il campo base: »Siamo in attesa di un elicottero, dobbiamo avere un mezzo di grandi dimensioni perchè dobbiamo andar via noi, lo staff nepalese più tutta l'attrezzatura«.