Città siriana liberata dall'Isis, le donne bruciano il burqa

Città siriana liberata dall'Isis, le donne bruciano il burqa
di Antonio Bonanata
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Venerdì 5 Agosto 2016, 16:31 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 18:48

Scendono in strada a festeggiare, esultano, gridano. E, per la gioia, danno fuoco al burqa, simbolo per eccellenza di sottomissione e mancanza di libertà. Sono le donne di Manbij, città del nord della Siria appena liberata dall’Isis dopo due anni di occupazione. L’esercito democratico del paese, appoggiato dagli Stati Uniti, ha infatti espugnato la roccaforte dello Stato islamico, posta vicino al confine con la Turchia, dopo un assedio durato oltre un mese.
Nelle immagini diffuse dall’agenzia di stampa curdo-siriana Anha, si vedono donne e bambini scendere in strada per celebrare la fine dell’oppressione e la ritrovata libertà. Una donna, circondata da alcuni bambini, avvicina un accendino al suo burqa e, quando le fiamme lo avvolgono e l’indumento comincia a bruciare, tutti intorno a lei esplodono in grida di gioia. L’episodio aiuta a capire il significato che questa piccola vittoria assume nella lotta al Califfato e quanto la liberazione di Manbij fosse attesa dalla sua popolazione.
 

 


Secondo le prescrizioni imposte dall’Isis, l’uso del burqa o del niqab è obbligatorio per le donne e coloro che si rifiutano di indossarli vanno incontro a severe punizioni. Le oppressive leggi imposte dal Califfato, tuttavia, non devono essere viste come una limitazione della libertà delle donne, a detta degli stessi miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi, poiché si tratta di una forma di tutela nei loro confronti, “per evitare che siano umiliate o offese dagli sguardi indiscreti degli uomini”.
Alle donne che vivono sotto la giurisdizione dello Stato islamico non è inoltre permesso indossare abiti firmati o mascolini e neanche capi con stampe o scritte che possano attirare l’attenzione. Totale assenza di libertà, quindi, nella scelta di come vestirsi (per non parlare di trucchi e cosmetici, assolutamente proibiti perché visti come prodotti del diavolo). Non stupisce, pertanto, che alla liberazione di Manbij, tra le manifestazioni di giubilo, ci sia stato anche il rogo del burqa.

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