Davide, la verità dei carabinieri:
«Pensavamo che fossero armati».
Ma un testimone: ha puntato la pistola

Davide, la verità dei carabinieri: «Pensavamo che fossero armati». Ma un testimone: ha puntato la pistola
di Leandro Del Gaudio
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Martedì 9 Settembre 2014, 08:59 - Ultimo aggiornamento: 19:03

La caccia all’uomo, un blitz mancato, la radio che scandisce il ritmo di una notte da vivere in apnea: Il latitante sta in un appartamento, no se n’ scappato... attenti, attenti ricomparso.

Eccola la notte napoletana, quella del Rione Traiano, a ridosso di Fuorigrotta e non lontano dai quartieri borghesi del centro. Sono le cinque e trenta di venerdì scorso, non è ancora arrivata l’alba, quando hanno inizio interrogatori e raccolta di testimonianze.

Vengono ascoltati il carabiniere 32enne che ha esploso il colpo mortale che ha ucciso il quasi diciassettenne Davide Bifolco, ma anche il suo collega, per poi passare alla verbalizzazione delle dichiarazioni del 18enne Salvatore Triunfo. Tre verbali a confronto sul tavolo del pm Manuela Persico, sono la prima ricostruzione della morte di un adolescente e l’apertura di un caso - un nuovo caso - di cronaca nera cittadina. Verbali che si contraddicono su un paio di punti chiave: Triunfo nega la presenza di un latitante in sella allo scooter sul quale viaggiava assieme a Davide Bifolco; Triunfo nega di essere stato acciuffato dal carabiniere che avrebbe fatto partire per errore il colpo mortale.

E non è finita: Triunfo sostiene di aver visto il carabiniere puntare la pistola contro l’amico, contro Davide, cosa negata sin dall’inizio dal militare indagato, che parla invece di un colpo esploso accidentalmente nel corso del tentativo di arresto.

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