L'ITER
I dati che saranno trasferiti alle autorità pubbliche riguarderanno le informazioni fornite dai passeggeri, raccolte dalle compagnie aeree durante la prenotazione dei voli e le procedure di check-in: data o date previste di viaggio, itinerario, informazioni relative al biglietto, indirizzo ed estremi dei passeggeri, informazioni relative al bagaglio e alle modalità di pagamento. Le compagnie aeree raccolgono già e trattano i dati Pnr (Passenger name record) a fini commerciali. La direttiva non imporrà loro di avere dati supplementari, né ai passeggeri di fornire ulteriori informazioni.
Dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, anche i più accaniti difensori della “privacy” hanno dovuto cedere all'evidenza della necessità di una stretta per rafforzare la prevenzione del terrorismo. Le autorità nazionali potranno chiedere dati Pnr a quelle di altri Stati, ma per ora tutte queste informazioni non finiranno in un archivio europeo condiviso: ci si limita ad armonizzare i registri nazionali di dati sui passeggeri aerei. Ogni Stato avrà la sua «Unità di informazione sui passeggeri». I dati dovranno essere conservati per cinque anni ma, dopo sei mesi dal trasferimento, saranno resi anonimi mediante la mascheratura di alcuni elementi, come il nome, l'indirizzo e gli elementi che potrebbero servire a identificare il passeggero. Il trasferimento dei dati Pnr dovrebbe essere consentito solo «caso per caso» e unicamente a fini di «prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi». Per evitare discriminazioni e abusi, gli Stati membri dovranno vietare un trattamento dei dati che riveli l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, la religione o le convinzioni filosofiche, l'appartenenza sindacale, lo stato di salute, la vita o l'orientamento sessuali dell'interessato.
NO DEL GARANTE
Una voce contraria si è alzata dal garante europeo della privacy, il magistrato italiano Giovanni Buttarelli. A suo giudizio il Pnr «è un infortunio legislativo», è «costosissimo», richiede tempi biblici ed è «suscettibile di una censura da parte della Corte di giustizia Ue» perché viola il principio di «proporzionalità» sancito dai Trattati dell'Unione. Ora la parola passa agli Stati: la proposta dovrà essere approvata dal Consiglio. Una volta pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Ue, gli Stati membri avranno tempo due anni per recepire la direttiva nella loro legislazione nazionale.