Onorevole Tajani, la guerra sta scompaginando tutto, anche gli schemi politici dentro le coalizioni e tra i partiti. Lega e M5S vogliono indebolire Draghi?
«Non credo che Salvini abbia questo scopo. Ma la questione vera è più ampia e più connessa con gli interessi degli italiani piuttosto che con i giochi dei partiti. La questione è questa: la difesa della democrazia e della libertà ha un costo. L’Europa, così come ogni singolo Paese, deve intervenire per alleviare le ricadute economiche e sociali, sulle varie popolazioni, delle sanzioni alla Russia. Ai cittadini italiani questo interessa. E le cose da fare, per non rendere più difficile la vita quotidiana delle persone, sono chiare e molto concrete. Uno: va rinviato e cambiato il patto di stabilità. Due: va messo a punto un nuovo Recovery Plan paragonabile, per forza, per ambizione, per urgenza, a quello sull’uscita dal Covid e sulla ricostruzione post-pandemia. La guerra richiede uno sforzo supplementare e una ridefinizione degli obiettivi. Riguardante settori cruciali come l’energia, l’agricoltura, la difesa, l’accoglienza e la ricostruzione dell’Ucraina. Questo Recovery Plan si può fare emettendo euro-bond. E bisogna intervenire subito. Tre: la Bce deve continuare ad acquistare titoli dei Paesi della Ue, per immettere denaro sul mercato».
Tutto qui?
«Occorre lavorare anche sulle autosufficienze energetica e alimentare. Vanno diversificati i mercati dove attingere energia e per quanto riguarda il settore alimentare non possiamo essere sottoposti ai capricci di Mosca o di altri posti del mondo. In più c’è il comparto militare. Vanno bene i passi in avanti sulla difesa comune».
Lo sa che De Gasperi a suo tempo, nel ‘54, poco prima di morire credeva che la difesa europea fosse fatta ma poi si sentì tradito dalla Francia e da allora ad oggi più niente si è fatto in questo senso?
«Lo so, ma appunto, adesso dei segnali forti e pragmatici di comune assunzione di responsabilità sono sotto gli occhi di tutti. E noi li guardiamo, e ci stiamo lavorando, con enorme speranza. E voglio dire un’altra cosa: la nostra collocazione è chiara, è con l’Occidente, con la Nato, con l’Ucraina. Dobbiamo però capire, come si sta vedendo, che la guerra produce un flusso di profughi in Europa e in Italia che non solo va gestito con capacità organizzativa e con spirito umanitario, ma va anche inserito nel contesto più generale della vita dei cittadini. Voglio dire che l’immensa generosità degli italiani è fuori di dubbio, ma allo stesso tempo vanno garantite ai nostri connazionali - proprio per riuscire ad accogliere gli ucraini nella maniera migliore possibile - una serie di certezze che sono per esempio quelle della difesa dal caro prezzi dei carburanti e delle bollette. Il governo ha ben presente questo tipo di problemi e infatti virtuosamente si sta attivando. Noi di Forza Italia, fin dall’inizio dell’emergenza Covid, siamo stati rispetto al governo responsabili, credibili, affidabili, sempre pronti a dare proposte concrete e a sostenere l’esecutivo Draghi, naturalmente senza rinunciare ai nostri principi».
Sul catasto, però, non sembra affatto che siate in linea con Draghi.
«Guardi, per noi e per tutti gli italiani la casa è un bene primario. Siamo contrari a nuove tasse sugli edifici. Va fatto emergere il sommerso, va accatasto ciò che non è accatastato. Ma siamo contrari a equiparare i nuovi estimi ai valori di mercato, perché questo significa aprire a nuove tasse. Sono convinto che Draghi non voglia mettere nuove imposte sulla casa. Ma dopo Draghi?».
Intanto, nel centrodestra, la situazione è a dir poco agitata. Ha letto l’intervista di Giorgia Meloni al Messaggero?
«Certo che l’ho letta».
Naturalmente non la condivide, visto che la Meloni dice che Forza Italia e Lega puntano non tanto a far vincere il centrodestra unito ma a mettere un freno a Fratelli d’Italia?
«Noi vogliamo vincere tutti insieme le elezioni politiche nel 2023 e prima quelle amministrative. Ben vengano i chiarimenti nell’alleanza, naturalmente. Ma anche a Roma, nelle comunali, volevamo e potevamo vincere tutti insieme candidando Bertolaso. Poi si è preferito Michetti, ed è andata come è andata. Dobbiamo collaborare con FdI, senza polemiche. Meloni ha citato, riguardo al voto amministrativo, il caso di Verona. Ma vogliamo capire se FdI, in quella città, ha tagliato i legami oppure no con il Pd, visto che ha appoggiato un dem alla guida dell’Interporto, che è uno snodo cruciale, invece che sostenere la candidatura di un esponente di Forza Italia. Ecco, occorre fare chiarezza tra alleati e sono contento che anche gli altri due partiti della coalizione vogliano farla a tutti i livelli e in ogni realtà. Non c’è nessuna voglia da parte nostra di depotenziare FdI. Più è forte ogni partito di centrodestra e più il centrodestra è vincente. Questa è una lezione che ci ha insegnato Berlusconi. Il quale è diventato leader della coalizione perché ha lavorato per tutti, non ha pensato soltanto ai successi di Forza Italia».
Sta dicendo che Berlusconi pensava a tutti e la Meloni pensa solo a se stessa?
«Dico che nel nostro Dna c’è la cultura della coalizione.