La convocazione da parte di Salvini del vertice al Viminale, «andiamo avanti sempre più convinti sul decentramento», viene vissuto quasi come un affronto dai 5 stelle. Che Matteo fa di tutto per non provocare troppo, ma «le barricate non le accetto - è il suo mood di queste ore - e devono capire che per noi l'autonomia è un tema identitario esattamente come quelli che hanno loro e che noi rispettiamo». Ed è il caso della Tav, su cui il disaccordo e totale ma noi, dicono alla Lega, «non abbiamo mai forzato su questo».
DUE FUOCHI
Il problema di Salvini è che è stretto tra due fuochi: uno è il fuoco amico del pressing dei governatori e l'altro sono le raffiche dell'alleato in difficoltà che non può concedergli più niente. Se non i rinvii, ma sull'autonomia da procrastinare a ripetizione Salvini ha capito il gioco di Luigi e ha deciso di dargli un taglio, anche se il provvedimento che ha tra le mani - il cosiddetto Spacca-Italia - fa acqua da tutte le parti.
Sul terreno dell'autonomia la resistenza pentastellata è diventata un fatto di vita o di morte. E quanto più Salvini ha deciso di non arretrare su questo, tanto più Di Maio ha deciso di allargare il campo di battaglia. E così la legittima difesa, calendarizzata alla Camera martedì prossimo, si accinge a diventare il bersaglio non solo delle raffiche della ventina di dissidenti ma anche l'oggetto degli smarcamenti, dei dubbi, della strumentalizzazione - da parte di Di Maio - come arma di ricatto verso l'amico Matteo. La fronda 5Stelle si prepara a fare il Vietnam. C'è chi parla, come Doriana Sarli, deputata campana, di «obiezione di coscienza»: «Non intendo legittimare questo provvedimento e l'uso culturale molto pericoloso che ne farà la Lega».
LA TRUPPA CAMPANA
Di Maio un po' la teme questa fronda e un po' sembra usarla. La truppa campana, vicina al presidente Fico, il fiero anti-Salvini tra i tanti nel movimento, è in modalità vietcong: «Scateneremo l'inferno». Ed è anche quella, guarda caso, più inflessibile sull'autonomia. E Matteo e Luigi non vorrebbero sfidarsi - prediligono ancora il rinvio su tutto o quasi - ma sono trascinati nello scontro dai rispettivi eserciti. Zaia è stato netto nel vertice di ieri: «Non possiamo più dire al Nord di aspettare ancora. Hanno votato per l'autonomia, dobbiamo dargliela al più presto». Che, all'opposto, è quello che dicono a Di Maio i suoi: «Abbiamo votato al Senato la legittima difesa, e ora non dobbiamo farlo a Montecitorio».
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