Scuola, Luigi Berlinguer: «Per le Regioni più deboli servono procedure facilitate»

Scuola, Luigi Berlinguer: «Per le Regioni più deboli servono procedure facilitate»
di Lorena Loiacono
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Mercoledì 22 Settembre 2021, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 15:45

Per Luigi Berlinguer, ex ministro dell’istruzione, già docente e rettore dell’Università di Siena e segretario generale della Conferenza permanente dei rettori italiani, c’è un modo per far arrivare alle scuole del Sud i fondi di cui avrebbero bisogno: «Prevedendo bandi ad hoc: non possiamo usare uno stampo unico per tutto il Paese e usarlo ovunque. Servono differenziazioni calibrate. Non vanno più bene i metodi tradizionali di investimento».

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Che cosa serve?

«E’ necessario prevedere bandi strettamente legati alla produttività dei diversi luoghi del Paese, che non sono certo tutti uguali.

Sarebbe opportuno legare i bandi alla capacità organizzativa e produttiva dei diversi territori. Altrimenti continua a piovere dove è già bagnato. E non dove è secco. Dobbiamo prevedere dei bandi specifici per il Meridione perché è indubbio che la capacità attrattiva di fondi, nelle zone sviluppate, supera di gran lunga quelle delle zone che non lo sono. Mentre sono le zone più in difficoltà o in crisi a necessitare di investimenti di sviluppo».

Su che cosa bisogna investire?

«L’investimento e la spesa devono puntare alla creazione, allo stimolo e allo sviluppo dell’organizzazione educativa e culturale. È un bene assoluto e non è un bene relativo. Non può dipendere solo dall’emancipazione o meno di un Paese. Sappiamo che una delle ragioni della differenza tra Nord e Sud o, più in generale, tra zone più o meno sviluppate dipende da vari fattori tra cui l’organizzazione culturale. Le zone economicamente più deboli spesso sono anche quelle strutturalmente e funzionalmente più deboli. Allora direi che, se davvero crediamo che il Mezzogiorno sia un problema serio e grave di questo Paese, dobbiamo dare una via preferenziale all’organizzazione strutturale e culturale del Sud perché rappresenta la prima condizione dello sviluppo e della crescita».

 

I bandi tradizionali non aiutano?

«No. In questi ambiti direi che sono guai a introdurre meccanismi vecchi. Il Mezzogiorno richiede interventi qualitativi e quantitativi: il più importante e necessario è quello di riorganizzare la struttura produttiva e le dotazioni culturali, la ricchezza dell’offerta culturale. Nel concetto di maggiore offerta culturale vanno comprese le attrezzature, vale a dire più scuole e scuole migliori, più biblioteche e biblioteche migliori, ma anche altri strumenti di crescita intellettuale, quindi un maggiore investimento sul personale che lavora per il settore dell’educazione e dell’istruzione».

Al Sud manca anche il tempo pieno, quanto ne risente?

«È uno degli aspetti più delicati. Senza poter contare sui posti nelle classi di tempo pieno e su quelli nei nidi o all’asilo le famiglie vanno in difficoltà. Le attività educative, in quella fascia particolare della prima età, rappresentano un importantissimo investimento per il lavoro femminile. Un aspetto che al Sud è particolarmente carente».

Come si arriva all’offerta culturale completa ed efficace?

«Destinando risorse ad hoc per il Sud, è stato già fatto in passato e adesso che le risorse sono maggiori si potrebbe fare molto per il Meridione. Voglio dire: se mancano scuole e biblioteche al sud, se ne facciano. Altrimenti smettiamo pure di parlare della questione meridionale, vuol dire che non ci interessa veramente».

 

Le scuole del Sud sono in affanno?

«Deve essere fatto un investimento particolare nella formazione non perché le scuole del Sud siano meno buone di quelle del Nord ma perché la fragilità intellettuale e di consapevolezza culturale del Sud è un problema reale, legato alla carenza di possibilità efficaci. Per questo è importante qualificare il personale per la preparazione culturale, calibrata sui reali bisogni del territorio. Ci sono tante eccellenze nel Meridione ma vanno all’estero, sia a studiare sia a lavorare. Chiediamoci perché, per loro, non ci sono interessanti opportunità sul territorio».

Dalla scuola all’università, fino al mondo del lavoro?

«Sì, purtroppo è così. Servono investimenti anche per la formazione delle persone per far sì che il Sud si possa sviluppare economicamente. Per questo bisogna favorire coloro che studiano nelle regioni meridionali per avviare un processo educativo in grado di sostenere questi giovani con un più efficace accesso al mondo lavoro. Nell’interesse di tutto il Paese. Dobbiamo capire, una volta per tutte, che sostenendo il Mezzogiorno sosteniamo tutto il sistema Paese». 

 

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