Scuola, la beffa dei fondi del Pnrr: vanno alle città più ricche

Scuola, la beffa dei fondi del Pnrr: vanno alle città più ricche
di Francesco Malfetano
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Martedì 21 Settembre 2021, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 11:10

I primi 700 milioni di euro del Pnrr destinati ad aumentare il numero di scuole materne e asili nido nelle aree «svantaggiate» del Paese, non finiranno al Sud. A causa di alcuni parametri quantomeno discutibili all’interno dei bandi di assegnazione, una parte di quei soldi infatti non andrà a Venafro (Isernia) né a Tivoli né tanto meno a Casal di Principe, nel casertano. Ma finirà a Milano, a Torino o anche a Belluno. Città che, indici Istat alla mano, pur conservando delle sacche di disagio in periferia, non possono certo essere considerate «svantaggiate» e comunque sono già in vetta alle classifiche che definiscono la disponibilità di servizi all’infanzia in tutta la Penisola. 

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I bandi

Come è stato possibile tutto ciò? Sfruttando alcune “lacune” presenti nel bando. Il giochino in fondo è piuttosto semplice. Il bando di gara prevedeva che ai comuni fosse assegnato un punteggio aggiuntivo - spesso decisivo - crescente in base ai cofinanziamenti messi sul tavolo. Cioè se un comune, ad esempio Milano, aggiunge 3 milioni di euro ad un finanziamento dello stesso valore ottiene punti preziosi che in graduatoria gli consentono di scavalcare un altro comune, ad esempio Venafro (in provincia di Isernia), che ai 3 milioni di euro del bando può affiancare appena 3.000 euro. Sembra un paradosso, ma in alcuni casi è esattamente ciò che è accaduto. 
Un asilo nido in via Rimini a Milano, a due passi dai Navigli, ha ottenuto circa 3 milioni di euro dal Pnrr scavalcando proprio il piccolo comune molisano.

E con lui anche una miriade di altre cittadine del Centro-Sud: Tivoli, Pomezia, San Felice al Circeo nel Lazio ad esempio, o Casal di Principe, Alife e San Giorgio del Sannio in Campania. 


Un meccanismo disfunzionale che, riproposto sulle 2.654 richieste di finanziamento pervenute e i 453 posti disponibili, ha incluso ad esempio Torino, Novara, Varese, Parma, Ferrara o Belluno e tagliato fuori anche le siciliane Bagheria e Noto, o Crosia e Tropea in Calabria, o ancora Cerignola e Parabita in Puglia. Vale a dire comuni che si trovano tutti in regioni lontanissime dall’obiettivo europeo di 33 posti negli asili nido disponibili ogni 100 bambini. Una classifica questa che, partendo dal basso, recita appunto Campania 9,4, Sicilia 10, Calabria 11, Basilicata 16,7 e Puglia 16,8. 
In altri termini, con delle regole d’ingaggio tutt’altro che favorevoli al Mezzogiorno, in questo bando è venuto meno uno dei principi cardine del Pnrr: «Un compito essenziale - si legge alla pagina 37 del Piano nazionale di ripresa e resilienza pubblicato ad aprile scorso - è accompagnare una nuova stagione di convergenza tra Sud e Centro-Nord, per affrontare un nodo storico dello sviluppo del Paese».

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I dati

Eppure i dati Invalsi 2021 non mentono (Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna hanno oltre il 50% degli alunni che raccoglie risultati scarsi in Italiano, il 60% in Matematica), e soprattutto non lo fa neppure il report sulla situazione degli asili nido nella Penisola. 
Secondo i dati dell’associazione “Con i bambini” e di OpenPolis pubblicati ad aprile scorso infatti, a fronte di un Centro-Nord che ha quasi raggiunto l’obiettivo europeo del 33% (è al 32%) e dove in media 2/3 dei comuni offrono il servizio asilo nido, nel Mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono invece solo 13,5, e il servizio è garantito in meno della metà dei comuni (47,6%). La differenza è di 18,5 punti e si sostanzia in un singolo esempio: A Bolzano ci sono quasi 7 posti ogni 10 bambini, a Catania e Crotone quasi 5 su 100 bambini. 
Un abisso più che una frattura, che però così facendo rischia solo di allargarsi ulteriormente. 

 

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