Quirinale, ipotesi slittamento del voto
per il dopo Mattarella: dal 18 al 24 gennaio
Tutti i nomi in corsa (e le strategie)

Una "chiama" al giorno, cautela anti-Covid. Il fattore tempo e le pressioni sui grandi elettori

Quirinale, ipotesi slittamento del voto per il dopo Mattarella: dal 18 al 24 gennaio Tutti i nomi in corsa (e le strategie)
di Mario Ajello
6 Minuti di Lettura
Venerdì 10 Dicembre 2021, 15:32 - Ultimo aggiornamento: 17:20

Chi ha visto la Cartabia ad Atreju l’altra sera dice: «La Cartabia nella corsa al Colle c’è, eccome». Perché è apparsa spigliata, sorridente, sicura di sé e politicissima, la ex giudice della Corte Costituzionale ed attuale ministra Guardasigilli. E non ha fatto altro che inscenare una captatio benevolentiae verso destra che nel caso le tornerà utile per arrivare al Quirinale: «Io non vado mai a feste di partito ma da voi sì, perché in democrazia si dialoga con l’opposizione». Applausi. Idem, stasera sempre ad Atreju, con Violante, il rosso o ex rosso che piace ai neri o ex neri: quirinabile anche lui, trasversale e capace, quando si voterà, di diventare una scelta condivisa. È ancora presto ovviamente per azzardare chi sarà il successore di Mattarella, ma le cose si stanno muovendo e tutti mettono in campo - fingendo di non essere in pista per la presidenza e di non occuparsi di Colle - le loro strategie. Ma quando si voterà? Fino a qualche giorno fa, sembrava certo che la seduta del Parlamento a Camere riunite in seggio elettorale sarebbe iniziata il 18 gennaio. Tocca al presidente della Camera Roberto Fico decidere la fatidica data, che sarà ufficialmente resa nota il 3 gennaio.

L'ipotesi di uno slittamento

Ma ieri ha iniziato a circolare l’ipotesi, suffragata da fonti autorevoli, che la convocazione potrebbe slittare di una settimana, al 24 gennaio. E che ci sarà una sola «chiama» al giorno, per evitare sovraffollamenti prolungati causa Covid. Un calendario che avrebbe ripercussioni politiche notevoli, se venisse confermato: per trovare in tempo il sostituto di Mattarella rimarrebbe un fazzoletto risicato di giorni, aumentando la pressione sui grandi elettori, anche perché i primi tre giorni sarebbero caratterizzati dal quorum necessario dei due terzi del Parlamento.

In ogni caso, il partito del Mattarella bis non demorde nonostante i no a ripetizione del presidente per una sua ricandidatura magari solo a tempo. I 5 stelle, lato Di Maio, sarebbero - oltre ai dem, sia a Letta sia a Franceschini - quelli ancora affezionati al bis mattarelliano. Nell’agenda di Salvini e Renzi, sono segnati almeno un paio di nomi che corrispondono ai profili di Pierferdinando Casini e Giuliano Amato, che nel 2015 fu il candidato in pectore del centrodestra prima che lo Renzi virasse su Mattarella. Amato è ancora in pista più che mai. Forte anche del fattore biografico, la sua età, 83 anni, potrebbe giovargli nel senso che potrebbe essere eletto per un mandato breve e tra due anni si fa un altro presidente. C’è chi dà Amato con il 55 per cento di probabilità, ma il trasloco di Draghi al Colle è quotato ancora di più.

E l’asse Letta-Meloni in questo senso esiste, anche se il capo dem non si sbilancia, non fa mai il nome di Draghi - per proteggerne la corsa? – e si interroga su punto fondamentale: se il premier diventasse capo dello Stato, poi chi va al governo? Se si trovasse un post-Draghi molto simile a Draghi, le residue resistenze del Pd e di tutti quelli che non vogliono concedere alla Meloni il voto politico subito verrebbero superate.

Elezione Quirinale, Salvini: «Sto incontrando un sacco di gente senza raccontarlo in giro»

Berlusconi ad Atreju: «Firmo per l'elezione diretta del capo dello Stato»

L'incognita del Gruppo Misto

Una certezza è che i due Mattei, il legista e il renziano, vogliono giocare di concerto. Un’altra certezza è che ci sono 113 parlamentari del Gruppo Misto che conteranno eccome. Un’altra è che gli onorevoli non rispondono ai comandi dei leader di partito, almeno nei 5 stelle, ma anche un po’ di qua e un po’ di là. E ancora: tra Renzi e Toti, tra Italia Viva e Coraggio Italia, c’è una truppa di una settantina di grandi elettori che ha deciso di dire la propria in maniera compatta.

La corsa del Cavaliere

Berlusconi si autogestisce la sua corsa, di cui è convintissimo («505 voti si trovano, ne mancano al momento solo una quarantina per farcela alla quarta votazione», dicono in Forza Italia) ma né Salvini né Meloni credono granché nella corsa di Zio Silvio. Salvini però ha un punto d’onore da rispettare: sostenere, finché possibile, il Cavaliere. Anche se sa bene che, per giungere a una qualsiasi intesa preventiva, occorre lavorare su un obiettivo che, come ha detto il vice segretario leghista Fontana, sia quello di indicare «un Capo dello Stato super partes e garante di tutti».

Un’ipotesi Casini, o Amato, potrebbe far convergere il centrodestra e una costituenda aggregazione liberal-riformista fra Iv, Coraggio Italia e altri moderati. Da verificare il gradimento del Pd. Nei 5 stelle, Di Maio ha già espresso apprezzamento per l’opzione Amato (oggi vicepresidente della Consulta) ma il Movimento ha poca voglia di andare al traino di Salvini e Renzi, definiti «politici inaffidabili». Quanto a Conte, il capo stellato dal palco di Atreju ha precisato: «Non sta scritto da nessuna parte che il Capo dello Stato debba essere di centrosinistra. L’importante è che abbia alto profilo morale. E la discussione è aperta a tutti». 

Mister X e Miss Y

Ci si muove, ormai da giorni, su due livelli diversi: c’è il piano A, che prevede il trasloco di Draghi sul Colle più alto di Roma, e il piano B, che prevede appunto la permanenza dell’ex banchiere a Chigi, soluzione quest’ultima che eliminerebbe la prospettiva di elezioni anticipate, vista di cattivo occhio dalla maggior parte dei parlamentari. Il piano A avrebbe infatti come subordinata un accordo sulla salvaguardia della legislatura, affidando il governo magari a un attuale ministro vicino a Draghi quale Marta Cartabia o Daniele Franco. Ma è una via d’uscita, questa, che è stata bocciata dal coordinatore di Fi Antonio Tajani, primo sostenitore della nomination di Berlusconi per il Quirinale e della conferma di Draghi nel ruolo di presidente del Consiglio.
E insomma, il puzzle è ancora scombinato. I pezzi però sono tutti sul tavolo. Al netto del Mister X o della Miss Y, ovvero dei nomi che non ci sono lungo il tragitto della corsa ma che sono proprio quelli che spesso risultano sbucare all’ultima curva ed arrivare primi al traguardo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA