Chi non si perde neanche un voto. E chi, invece, in Parlamento fa un po’ la parte dell’araba fenice: «Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa». A dirlo è la conta della presenza alle votazioni tenuta dalla Camera dei deputati e aggiornata allo scorso luglio.
Che a quasi un anno dall’inizio della legislatura, consente di stilare una classifica – seppur parziale – degli onorevoli più assidui di Montecitorio. Così come dei più assenteisti. Tra i quali svettano alcuni nomi molto noti.
I "desaparecidos"
Come quello di Umberto Bossi, il fondatore della Lega (che però, è bene ricordare, a 81 anni è costretto in sedia a rotelle): il senatur, presumibilmente anche per via delle sue condizioni di salute, da ottobre a oggi ha partecipato allo 0,1% delle votazioni. Meno comprensibile, agli occhi di qualcuno, potrebbe invece sembrare l’allontanamento dal Transatlantico di Marta Fascina, deputata forzista già compagna di Silvio Berlusconi. Un’assenza che si protrae da ben prima della scomparsa del Cavaliere: la deputata originaria di Melito di Porto Salvo, infatti, in nove mesi ha espresso solamente 17 voti su un totale di 3.032. E con lo 0,56% di presenze, si guadagna un posto di tutto rilievo sul podio dei “desaparecidos” dell’Aula.
Un "partito", quello degli assenteisti, al quale per la verità si iscrivono anche diversi leader. Onnipresenti sui social e in tv, meno quando si tratta di "timbrare il cartellino".
Passando al Senato, si piazza al 63,02% di partecipazione il frontman di Azione Carlo Calenda, mentre l'ex alleato Matteo Renzi arriva al 72,95%. Da precisare, però, che palazzo Madama tiene conto non della presenza ai singoli voti, ma solo alla seduta. In altre parole, per un senatore è possibile lasciare l'Aula prima che siano terminati tutti i voti da esprimere, risultando comunque presente.
E la maggioranza?
Discorso diverso vale per i leader dei partiti di maggioranza. Che sono anche ministri, quasi tutti. O, nel caso di Giorgia Meloni, premier. Ecco perché, pur essendo sia Meloni che Antonio Tajani anche deputati, la loro mancata partecipazione al voto si spiega quasi sempre col fatto di essere in "missione", ossia impegnati in attività di governo. Per questo, seppur fisicamente presenti lo 0,43 e lo 0,16% delle volte a Montecitorio, il tasso di "presenze più missioni" di Meloni e Tajani si aggira lo stesso attorno al 97%. Mentre nel caso di Matteo Salvini, senatore, il dato non è disponibile (palazzo Madama non registra le presenze dei membri dell'esecutivo).
Gli stakanovisti
Per ogni assenteista, c'è però chi a Montecitorio non manca una seduta. La medaglia d’oro dello “stakanovismo” se la aggiudica il forzista Alessandro Battilocchio di Forza italia. Che da ottobre a luglio ha partecipato a 3029 votazioni in Aula su 3032. Il che fa supporre che si sia fatto trovare al suo posto tra i banchi degli azzurri anche con la febbre o il raffreddore. Ma Battilocchio non è l’unico, per la verità, a prendere (molto) sul serio il mandato dei cittadini. Al secondo posto, ecco Andrea Tremaglia di FdI, in aula nel 99,84% dei voti. Medaglia d'argento per Andrea Casu del Pd, che ha partecipato al 99,80% delle votazioni. Da segnalare anche alcuni casi "limite", come quello del leghista Antonino Minardo. Da non scambiare per un assenteista: se alla Camera ha votato solo l'1,02% delle volte, il deputato del Carroccio risulta quasi sempre in missione, ossia impegnato in Commissione o nell'ufficio di presidenza. Il che porta le sue presenze totali al 98,94%.
In generale, in ogni caso, i casi di assenteismo spinto non sono frequentissimi: la media della presenza dei deputati è del 71,38%. E i gruppi? Il più attivo, secondo i numeri della Camera, è quello di Alleanza verdi-sinistra, con una media dell'80,74% di partecipazione. Il più assente, invece, Noi moderati, col 59,98%.
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