Cade, dunque, l'ultimo 'paletto' imposto dalla discussa normativa italiana. Dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell'utero materno, per la seconda volta la Corte era stata chiamata a giudicare la legittimità costituzionale di quella che è stata definita dagli avvocati difensori delle coppie la norma 'simbolo' della legge 40, cioè il divieto di fecondazione eterologa.
Con la decisione presa oggi dalla Corte Costituzionale sulla legge 40 cade innanzitutto il divieto di fecondazione assistita eterologa, previsto dall'art. 4 comma 3 della legge, che riportava: «È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo». Cadono anche, di conseguenza, i due incisi che recitano entrambi «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3», cioè del divieto di eterologa, previsti nei commi 1 e 9 dell'art. 9, che resta ovviamente immutato per le altre parti e per i suoi contenuti, compreso il divieto di disconoscimento di paternità in caso di eterologa. Incostituzionale, infine, anche l'art. 12 comma 1 sulle sanzioni: «Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro».
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