Imu sulle case dei coniugi, via ai rimborsi fino al 2017: sì della Consulta all’esenzione multipla

Il sì della Consulta all’esenzione multipla ora fa scattare le richieste di restituzione

Imu, parte la corsa ai rimborsi, dalla Consulta sì all esenzione multipla per i coniugi
di Luca Cifoni
4 Minuti di Lettura
Giovedì 12 Gennaio 2023, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 10:41

Dopo la sentenza, è l’ora dei rimborsi. Il pronunciamento della Corte costituzionale, che ha riconosciuto la possibilità di doppia esenzione Imu per le case in cui risiedono separatamente membri della stessa famiglia (tipicamente i coniugi) apre la strada alle richieste dei contribuenti di riavere indietro quanto versato negli anni scorsi, fino al 2017. Una fase che dopo gli approfondimenti e le valutazioni sia da parte dei Comuni che dei proprietari, sta entrando nel vivo in questi giorni. I cittadini che si preparano rivolgersi agli uffici comunali devono però sapere che la restituzione non sarà automatica: gli enti locali, per i quali si prospetta una significativa perdita di gettito, chiederanno di dimostrare l’effettiva dimora nelle abitazioni in questione prima di prendere in considerazione le domande di rimborso.


GLI INTERESSATI
Per capire chi è potenzialmente interessato da quanto sta accadendo bisogna fare un passo indietro e tornare allo scorso 13 ottobre, quando è stata depositata la sentenza 209.

La decisione dei giudici costituzionali ha rivoluzionato le regole relative all’Imu sull’abitazione principale, di fatto sganciando quest’ultima dal concetto di “nucleo familiare”.

Prendiamo una situazione classica, quella in cui marito e moglie lavorano in città diverse avendo quindi la residenza in due distinte abitazioni di proprietà. Quando fu istituita l’Imu, una circolare del ministero dell’Economia permetteva a questi coniugi di non pagare l’imposta su nessuno dei due immobili, perché la distanza sembrava un argomento sufficiente a confermare la giustificazione lavorativa di questa scelta. Insomma si poteva presumere che non si trattasse di una finzione finalizzata a evitare il versamento. Successivamente però a seguito di vari pronunciamenti giudiziari tra cui una sentenza della Corte di Cassazione, la situazione si è capovolta; costringendo il governo ad un nuovo intervento giuridico per salvare il salvabile e garantire l’esenzione Imu in almeno una delle due case, a scelta degli interessati.


L’INTERPRETAZIONE
Si è arrivati così alla Corte costituzionale, che ha disegnato un quadro giuridico sulla carta ben più favorevole al contribuente, rispetto a quello che scaturiva dall’interpretazione ministeriale: la possibilità di non pagare versare il tributo comunale su nessuno dei due immobili è riconosciuta anche all’interno dello stesso Comune, seppur come ipotesi eccezionale che però «non può essere esclusa a priori date sia le grandi dimensioni di alcuni comuni italiani, sia la complessità delle situazioni della vita». Molto interessante la motivazione di fondo della sentenza: secondo i giudici negare in linea di principio la doppia agevolazione ai coniugi rappresenterebbe una forma di discriminazione nei loro confronti, rispetto alle coppie di fatto che in situazioni del tutto equivalenti, salvo l’assenza del legame formale, possono beneficiare senza problemi dell’esenzione.


LE VILLE
Ora i proprietari si stanno organizzando. Confedilizia ha predisposto un modello di istanza disponibile presso gli sportelli delle associazioni territoriali. Al momento si tratta della richiesta relativa all’anno 2017, il più lontano visto che la prescrizione è di cinque anni. Obiettivo è il rimborso di quanto versato nell’intero anno, anche se la prima rata che scadeva il 16 giugno potrebbe essere considerata prescritta visto che la sentenza è di ottobre 2022. Per quanto riguarda le case che appartengono alle categorie considerate “di lusso” come le ville (A1, A8 e A9) che sono comunque soggette a Imu, i contribuenti potranno richiedere la differenza tra quanto dovuto in base alla sola aliquota abitazione principale e quanto invece effettivamente pagato. 


Quanto sono diffuse queste situazioni e a quanto gettito dovranno rinunciare i Comuni? Non esiste una stima ufficiale a livello nazionale, ma il Comune di Roma ha annunciato una perdita annuale molto consistente: circa 150 milioni su un introito complessivo che si avvicina a 1,3 miliardi. Senza contare gli arretrati che dovranno poi essere versati per gli anni precedenti proprio a seguito delle richieste di rimborso. Se in tutta Italia valesse questa proporzione l’ammanco totale per le casse degli enti locali sfiorerebbe i due miliardi: ma è ragionevole pensare che la situazione della Capitale sia molto particolare. Si capisce comunque perché i sindaci, pur preparandosi ad adeguarsi alle indicazioni della Consulta, cerchino di limitare i danni, puntando quanto meno ad evitare di perdere entrate a fronte di situazioni fittizie.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA