Autonomia, ora si tratta sui servizi essenziali. «Modifiche alle Camere»

Può cambiare il ddl Calderoli: stop ai Dpcm il Parlamento avrebbe l’ultima parola sui Lep. Manca un meccanismo per evitare che le Regioni del Nord trattengano gettito extra

Autonomia, ora si tratta sui servizi essenziali. «Modifiche alle Camere»
di Andrea Bassi
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Venerdì 30 Giugno 2023, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 10:33

La trattativa sugli emendamenti per modificare il disegno di legge sull’Autonomia firmato da Roberto Calderoli è iniziata. E sottotraccia si starebbe arrivando ad una prima svolta. Frutto anche dei dubbi emersi nella maggioranza di governo dopo le sessanta audizioni, quasi tutte critiche, sul progetto che prevede il trasferimento di 23 materie di competenza dello Stato a Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Uno di capisaldi del “progetto Calderoli” sarebbe traballante. Si tratta dell’approvazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i territori italiani, per Dpcm. È un passaggio che si potrebbe tradurre così: “l’autonomia come la pandemia”. I Dpcm sono atti amministrativi (gli stessi usati dal governo Conte durante l’emergenza Covid), che non possono essere modificati dal Parlamento e nemmeno impugnati davanti alla Corte Costituzionale. Decidere il destino di diritti dei cittadini, espressi in termini di livello dei servizi, in materie come l’istruzione, la salute o la mobilità, è apparso sin da subito come una sgrammaticatura istituzionale. Proprio per questo in Parlamento maggioranza e opposizione avrebbero iniziato a parlarsi per apportare quantomeno una modifica condivisa su questo punto. L’approvazione dei Lep, dovrebbe essere la soluzione, potrebbe essere delegata al governo che, dunque, determinerebbe il livello dei servizi che ciascuna Regione deve garantire per ogni materia attraverso lo strumento dei decreti legislativi. 
In questo modo il Parlamento avrebbe un ruolo più incisivo, dovendo esaminare ognuno dei decreti del governo e potendone anche chiedere delle modifiche. C’è da capire però, se questo passaggio sarà accettato dal governo. Che fino ad oggi ha mostrato una certa fretta nell’approvazione dei Lep, affidandoli ad una cabina di regia “politica” affiancata da una commissione tecnica, la cosiddetta commissione Clep, che dovrebbe finire il suo lavoro entro la fine dell’anno per permettere alla cabina di regia di emanare i Dpcm. 

Le distanze

Ma all’interno della commissione i lavori non stanno filando proprio lisci.

Le differenze di vedute tra i componenti sono molte, e in più di un caso anche profonde. Intanto la Commissione Affari Costituzionali del Senato, dove il provvedimento è in discussione, ha deciso di spostare il termine per la presentazione degli emendamenti. La scadenza era stata fissata originariamente a mercoledì 28 giugno, è stata invece rimandata al 6 luglio. Segno anche questo che sottotraccia qualcosa si muove.Ma approvare eventualmente per decreto invece che per Dpcm i Lep, basterà a risolvere tutti i problemi? In realtà no. La “procedura” non è l’unico nodo da sciogliere. Ce n’è uno più rilevante, che è quello del finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni. I soldi necessari a garantire su tutto il territorio nazionale gli stessi servizi, rischiano di essere molti. Nella relazione depositata in Parlamento dall’Upb, l’Ufficio Parlamentare del bilancio, è chiarito che anche fissare un singolo Lep sulla scuola, come per esempio garantire il tempo pieno a tutte le classi, potrebbe costare circa 4 miliardi di euro. Il costo dipende soprattutto dalla necessità di assumere professori e altro personale per coprire l’orario prolungato. Ma c’è anche un’altra questione centrale che non ha trovato ancora soluzione. Come fare in modo che, una volta trasferita una “fetta” delle tasse statali alle Regioni che chiedono l’autonomia, queste ultime finiscano per non trattenere un extra gettito a discapito degli altri territori. Per fare un esempio, se il costo dell’istruzione è 100 e viene trasferita una quota dell’Irpef pari a 100, se l’anno successivo dall’Irpef arriva 110, a chi andranno quei 10, allo Stato o alla Regione? Una soluzione sarebbe una verifica annuale del gettito, ma su questo per ora non ci sarebbe nessuna apertura. 

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