Kissinger, Agnelli e la passione per la Juventus. Quella partita contro il Napoli (di cui non ricordava il risultato)

L'ex segretario di Stato americano era un grande fan dei bianconeri e rese possibile il Mondiale di Usa '94

Henry Kissinger allo stadio con Gianni Agnelli
di Romolo Buffoni
3 Minuti di Lettura
Giovedì 30 Novembre 2023, 11:02

Con la "diplomazia del ping-pong" (diventata straordinaria parodia in Forrest Gump), favorì la distensione tra gli Usa e la Cina, perché Henry Kissinger capiva benissimo l'importanza dello sport come linguaggio universale fra i popoli capace di ricucire frizioni insanabili con la diplomazia tradizionale. La scomparsa a 100 anni di età dell'ex consigliere alla Sicurezza nazionale e segretario di Stato americano, non può non essere l'occasione per ricordare la sua grande passione per il calcio. Lui, americano del Connecticut, impazziva per quella palla rotonda presa a calci mentre la stragrande maggioranza dei suoi connazionali amava tirarla con le mani verso un canestro o, al più, mettersene una ovale sottobraccio e correre all'impazzata verso il touch down.

Sarà perché Kissinger era nato in Germania e, quindi, aveva il "soccer" nelle vene. Passione rinfocolata dall'amicizia con Gianni Agnelli, alla quale si deve il tifo del "Metternich del XX secolo" per la Juventus. Bianconero convinto, Kissinger, tanto che negli anni 70 e 80 non era affatto raro vederlo seduto in tribuna al Comunale accanto all'Avvocato o addirittura a bordo campo a Villar Perosa (ex quartiere generale juventino) per la partita estiva in famiglia che, all'epoca, dava il là alla stagione dei bianconeri. «Andavamo spesso a vedere partite di calcio assieme in giro per l'Europa», ha ricordato Kissinger lo scorso gennaio in occasione del ventennale della scomparsa dell'ex presidente della Fiat. Ma, come in tutte le amicizie che si rispettino, non tutte le abitudini del sodale andavano a genio al politico americano: «Una volta andammo allo stadio a Torino a vedere Juventus-Napoli, che terminò con molti gol credo sei o sette. Ma il problema è che Gianni voleva sempre andare via dallo stadio dieci minuti prima della fine e spesso le partite erano in bilico in quegli ultimi minuti.

Ma non c’era nulla da fare, uscivamo». E forse per questo che Kissinger non ricordava l'esatto risultato di quel match, che il 20 novembre del 1988 finì 5-3 per i partenopei di un Careca scatenato.

 

Il Mondiale negli Usa

Amore per il calcio e per la Juve che spinse l'ex politico a "portare" i Mondiali negli Stati Uniti. Usa '94, infatti, fu possibile grazie alla tessitura di Kissinger in seno alla Fifa guidata allora da Joao Havelange, ma con segretario un certo Sepp Blatter colonnello dell'esercito svizzero che convinse Havelange, guidato dall'abile regia del segretario di stato Usa, a portare il Mondiale in un Paese dove il calcio viveva in semiclandestinità. Ma, soprattutto in America, la passione non può nulla senza l'orizzone del businnes: «Soltanto lo sbarco in diretta di un'astronave extraterrestre carica di omini verdi potrebbe convincere tanta gente a raccogliersi contemporaneamente davanti a un televisore per due ore», disse Kissinger a proposito dell'audience unica del calcio. E infatti al Rose Bowl di Pasadena, immenso impianto a cielo aperto (con buona pace delle coperture imposte ai nostri stadi per Italia '90...) privato delle porte da football americano in favore di quelle del soccer, ci furono 94.194 spettatori ad assistere alla finale tra Itala e Brasile suggellando un successo di pubblico di 3.587.538 spettatori. Un record inimmaginabile per partite giocate a mezzogiorno causa fuso orario ed esigenze televisive europee. Un "miracolo" della politica, anzi della "diplomazia del pallone" firmata dallo juventino Henry Kissinger.

© RIPRODUZIONE RISERVATA