Daniele De Rossi e Sarah Felberbaum come Beckham e Victoria: per i figli scelgono il rugby

Daniele De Rossi e Sara come Beckham e Victoria: per i figli scelgono il rugby Foto
di Paolo Ricci Bitti
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Martedì 22 Settembre 2020, 12:32 - Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 00:59

Daniele De Rossi e Sarah Felberbaum come David Beckham e Victoria "Spice" Adams: per i loro figli scelgono il rugby. Che Ddr sia appassionato di mete e placcaggi si sa: quando può non si perde un match del Sei Nazioni a Roma, prima al Flaminio e poi all'Olimpico. Gli sarebbe piaciuto giocare mediano di mischia - ha detto in un'intervista al Messaggero - sempre sul pallone, insomma. 

Così all'Unione Rugby Capitolina, in via Flaminia 867 a Roma, la sorpresa è stata relativa quando l'ex capitano della Roma e la moglie, l'attrice inglese Sarah Felberbaum, si sono presentati all'Open Day (la vecchia leva) per far scoprire il mini rugby a Olivia Rose, la loro bimba di 6 anni, e a Noah, 4. Il primo a scendere in campo è stato proprio Noah, poi la sorella ha voluto provare anche lei a giocare tra le porte ad H. 
 

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Daniele e Sarah si sono poi gustati lo spettacolo degli under 6 che imparavano, con tutte le sicurezze imposte dal Covid, a ruzzolarsi sull'erba con la palla ovale, ché nel minirugby gli allenatori pensano solo a far divertire i piccoli. Fino all'età di 12 anni, poi, nel rugby maschi e femmine giocano insieme. Del resto l'attrice, vista di recente sul grande schermo con Bentornato Presidente e Non sono un assassino e in tv con I Medici, è originaria dell'Inghilterra, dove da metà Ottocento il rugby è colonna portante del sistema educativo scolastico poi esportato dal Regno Unito in tutto il mondo nell'impero "su cui non tramonta mai il sole".


Un pomeriggio magnifico per la famiglia De Rossi sui prati dell'Urc dove magari qualcuno ha ricordato la celeberrima dichiarazione di un'altra stella del calcio: al Times il campione inglese David Beckham rivelò che lui e la moglie "Posh" sarebbero stati lieti che i loro figli Brooklyn, Romeo, Cruz e Harper avessero giocato a rugby invece che a calcio. L'asso del Manchester elencò tutti i pregi del mondo ovale rispetto a quelli dello sport che l'aveva reso famoso e concluse ricordando che appena poteva andava a vedere le partite di rugby di club o della nazionale. Senza dimenticare che anche "Ringhio" Gattuso "voleva essere un All Black" e che pure un figlio di Paolo "Pablito" Rossi ha giocato a rugby. Esiste anche lo scenario opposto, Niko Kirwan gioca a calcio da professionista nella Reggiana in serie B: la mamma è Fiorella Tomasi di Treviso e il papà John Kirwan, leggenda degli All Blacks ed ex ct di Italia e Giappone.


(Foto Angelica Agosta)




L'INTERVISTA A DDR SUL RUGBY
 

ROMA Com'è nata la prima volta con il rugby al Flaminio  per Daniele De Rossi?
 
«Mi è sempre piaciuto molto e avrei sempre voluto andare  al Sei Nazioni, ma gli incontri si disputavano il sabato  ed ero in ritiro, poi una volta ho avuto l'occasione di  andare a vederlo dal vivo e appena posso ritorno».
 
Conosceva già il rugby o qualche giocatore della  nazionale, magari i Pratichetti di Ostia, dov'è nato?
 
«Inizialmente solo dalla tv, poi grazie al mio sponsor  Adidas ho avuto il piacere di conoscere anche alcuni  giocatori e sono stato sempre più attratto del rugby».
 
Quasi sempre il pronostico è contro l'Italia: questo  toglie sapore alla partita?
 
«No, anzi, sono convinto che questo dia maggior  interesse e poi negli ultimi anni il pronostico non è  sempre deciso. La squadra si è rafforzata e questo fa sì  che i tifosi si entusiasmino ancora di più».
 
Come spiega la grande popolarità del rugby nonostante le  rare vittorie?
 
«È uno sport che si basa su principi diversi, non è il  più popolare come ad esempio il calcio, ma lo spicchio  di persone che lo pratica, anche a livello amatoriale,  lo fa in modo sano, diverso da chi avvicina al calcio».
 
Nel 2006 segnò un gol al Messina aiutandosi con una  mano, ma, appena l'arbitro lo convalidò, lei lo convinse  ad annullarlo spiegandogli che cosa era accaduto: un  gesto di fair play non molto comune.
 
«Bisogna trovarcisi in certe situazioni. A distanza di  tempo sono contento: se non lo avessi fatto sarebbe  stata una macchia sulla mia persona».
 
Importerebbe nel calcio la moviola che da tempo è usata  nel rugby per le azioni da meta? E anche la regola che  solo il capitano può parlare con l'arbitro?
 
«In teoria la regola che dà solo al capitano la facoltà  di parlare con l'arbitro esiste anche nel calcio, ma non  viene propriamente applicata, in ogni caso credo che se  si parla con educazione ognuno possa rivolgersi all'arbitro. La moviola? Sarebbe utile solo per azioni  decisive che potrebbero determinare il risultato della  partita (come nel caso del gol non gol o azione di  fuorigioco che porterebbe a segnare), ma solo per quelle  fasi. Nel calcio ci sono troppe azioni interpretabili e  dovresti stoppare il gioco in ogni momento. Ne  perderebbe lo spettacolo».
 
La partita di rugby che l'ha più entusiasmata?
 
«Italia-Inghilterra dell'anno scorso: c'era la neve. Gran partita: avremmo meritato di vincere, siamo sempre  stati in partita. Uno spettacolo incredibile: tanta neve  eppure lo stadio era pieno. Tutti quei tifosi insieme:  italiani e inglesi mischiati. Io ne sono un esempio:  stavo con la famiglia della mia compagna che è inglese  (l'attrice Sarah Felberbaum, di cui è in uscita il film Il Principe abusivo di Alessandro Siani, ndr)».
 
Nel 2009 girò uno spot con alcuni azzurri per aiutare i  terremotati dell'Aquila.
 
«Ricordo il momento, la situazione particolare in cui è  nato lo spot anche se in realtà io l'ho girato da solo. Mi ha riportato alla mente la tragedia e quando i  ragazzi dell'Aquila mi hanno cercato non ho esitato:  però è stato solo un piccolo gesto di fronte a una  grande tragedia italiana».
 
Nei mesi scorsi per Adidas ha partecipato a uno spot con  i rugbysti azzurri e con il giocatore di basket Danilo  Gallinari e la tennista Flavia Pennetta: uniti attorno  al pallone ovale con cui ha palleggiato perfettamente.
 
«È stata un'esperienza molto divertente e ho avuto il  modo di incontrare diversi ragazzi della Nazionale».
 
Il centrocampista De Rossi, 29 anni, 406 presenze con la  Roma e 82 con la nazionale, grinta e tecnica  riconosciuti in tutto il mondo, nel rugby giocherebbe nel ruolo di...?
 
«Forse potrei essere mediano di apertura o mediano di  mischia. Sono appassionato ma tatticamente capisco  ancora poco, però credo che il reparto più bello sia  quello della mischia, quando stai spalla a spalla con i  compagni».
 
L'affascina di più il gioco degli avanti o quello dei  trequarti?
 
«Mi piacciono i mediani, i registi, insomma, e i piloni  che stanno in prima linea e sorreggono la mischia e, di  fatto, tutta la squadra».
 
Un giocatore della nazionale che ammira?
 
«Io ammiro la squadra, tutti i giocatori che la  compongono. In particolare ammiro il fatto che tanti  siano oriundi ma vivono l'appartenenza e l'identità italiana, l'attaccamento più di quelli magari che sono  nati in Italia di altri sport. Se devo proprio  sceglierne uno, dico Martin Castrogiovanni, un campione  nello sport e una persona meravigliosa».
 
Le piacerebbe partecipare in smoking al terzo tempo di  una partita del Sei Nazioni, magari nel chiostro del  Bramante?
 
«Non saprei, sinceramente non ci ho mai pensato».
 
Esame finale: una meta vale quanti punti? E la  trasformazione? E il drop, il calcio di rimbalzo? E il  penalty? E quanti minuti sta fuori chi prende il  cartellino giallo? 
«Dunque: 5 la meta, 2 la trasformazione, 3 il drop, idem il penalty. Il giallo? 10 minuti».
 
Promosso con lode.
 
Paolo Ricci Bitti

 (Intervista pubblicata sul Messaggero il 1° febbraio 2013)

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