Daniele De Rossi e Sarah Felberbaum come David Beckham e Victoria "Spice" Adams: per i loro figli scelgono il rugby. Che Ddr sia appassionato di mete e placcaggi si sa: quando può non si perde un match del Sei Nazioni a Roma, prima al Flaminio e poi all'Olimpico. Gli sarebbe piaciuto giocare mediano di mischia - ha detto in un'intervista al Messaggero - sempre sul pallone, insomma.
Così all'Unione Rugby Capitolina, in via Flaminia 867 a Roma, la sorpresa è stata relativa quando l'ex capitano della Roma e la moglie, l'attrice inglese Sarah Felberbaum, si sono presentati all'Open Day (la vecchia leva) per far scoprire il mini rugby a Olivia Rose, la loro bimba di 6 anni, e a Noah, 4. Il primo a scendere in campo è stato proprio Noah, poi la sorella ha voluto provare anche lei a giocare tra le porte ad H.
Daniele De Rossi e la passione per il rugby
De Rossi: «Un giorno allenerò la Roma. Spalletti e Luis Enrique i migliori tecnici che ho avuto»
Daniele e Sarah si sono poi gustati lo spettacolo degli under 6 che imparavano, con tutte le sicurezze imposte dal Covid, a ruzzolarsi sull'erba con la palla ovale, ché nel minirugby gli allenatori pensano solo a far divertire i piccoli. Fino all'età di 12 anni, poi, nel rugby maschi e femmine giocano insieme. Del resto l'attrice, vista di recente sul grande schermo con Bentornato Presidente e Non sono un assassino e in tv con I Medici, è originaria dell'Inghilterra, dove da metà Ottocento il rugby è colonna portante del sistema educativo scolastico poi esportato dal Regno Unito in tutto il mondo nell'impero "su cui non tramonta mai il sole".
Un pomeriggio magnifico per la famiglia De Rossi sui prati dell'Urc dove magari qualcuno ha ricordato la celeberrima dichiarazione di un'altra stella del calcio: al Times il campione inglese David Beckham rivelò che lui e la moglie "Posh" sarebbero stati lieti che i loro figli Brooklyn, Romeo, Cruz e Harper avessero giocato a rugby invece che a calcio. L'asso del Manchester elencò tutti i pregi del mondo ovale rispetto a quelli dello sport che l'aveva reso famoso e concluse ricordando che appena poteva andava a vedere le partite di rugby di club o della nazionale. Senza dimenticare che anche "Ringhio" Gattuso "voleva essere un All Black" e che pure un figlio di Paolo "Pablito" Rossi ha giocato a rugby. Esiste anche lo scenario opposto, Niko Kirwan gioca a calcio da professionista nella Reggiana in serie B: la mamma è Fiorella Tomasi di Treviso e il papà John Kirwan, leggenda degli All Blacks ed ex ct di Italia e Giappone.
(Foto Angelica Agosta)
L'INTERVISTA A DDR SUL RUGBY
ROMA Com'è nata la prima volta con il rugby al Flaminio per Daniele De Rossi?
«Mi è sempre piaciuto molto e avrei sempre voluto andare al Sei Nazioni, ma gli incontri si disputavano il sabato ed ero in ritiro, poi una volta ho avuto l'occasione di andare a vederlo dal vivo e appena posso ritorno».
Conosceva già il rugby o qualche giocatore della nazionale, magari i Pratichetti di Ostia, dov'è nato?
«Inizialmente solo dalla tv, poi grazie al mio sponsor Adidas ho avuto il piacere di conoscere anche alcuni giocatori e sono stato sempre più attratto del rugby».
Quasi sempre il pronostico è contro l'Italia: questo toglie sapore alla partita?
«No, anzi, sono convinto che questo dia maggior interesse e poi negli ultimi anni il pronostico non è sempre deciso. La squadra si è rafforzata e questo fa sì che i tifosi si entusiasmino ancora di più».
Come spiega la grande popolarità del rugby nonostante le rare vittorie?
«È uno sport che si basa su principi diversi, non è il più popolare come ad esempio il calcio, ma lo spicchio di persone che lo pratica, anche a livello amatoriale, lo fa in modo sano, diverso da chi avvicina al calcio».
Nel 2006 segnò un gol al Messina aiutandosi con una mano, ma, appena l'arbitro lo convalidò, lei lo convinse ad annullarlo spiegandogli che cosa era accaduto: un gesto di fair play non molto comune.
«Bisogna trovarcisi in certe situazioni. A distanza di tempo sono contento: se non lo avessi fatto sarebbe stata una macchia sulla mia persona».
Importerebbe nel calcio la moviola che da tempo è usata nel rugby per le azioni da meta? E anche la regola che solo il capitano può parlare con l'arbitro?
«In teoria la regola che dà solo al capitano la facoltà di parlare con l'arbitro esiste anche nel calcio, ma non viene propriamente applicata, in ogni caso credo che se si parla con educazione ognuno possa rivolgersi all'arbitro. La moviola? Sarebbe utile solo per azioni decisive che potrebbero determinare il risultato della partita (come nel caso del gol non gol o azione di fuorigioco che porterebbe a segnare), ma solo per quelle fasi. Nel calcio ci sono troppe azioni interpretabili e dovresti stoppare il gioco in ogni momento. Ne perderebbe lo spettacolo».
La partita di rugby che l'ha più entusiasmata?
«Italia-Inghilterra dell'anno scorso: c'era la neve. Gran partita: avremmo meritato di vincere, siamo sempre stati in partita. Uno spettacolo incredibile: tanta neve eppure lo stadio era pieno. Tutti quei tifosi insieme: italiani e inglesi mischiati. Io ne sono un esempio: stavo con la famiglia della mia compagna che è inglese (l'attrice Sarah Felberbaum, di cui è in uscita il film Il Principe abusivo di Alessandro Siani, ndr)».
Nel 2009 girò uno spot con alcuni azzurri per aiutare i terremotati dell'Aquila.
«Ricordo il momento, la situazione particolare in cui è nato lo spot anche se in realtà io l'ho girato da solo. Mi ha riportato alla mente la tragedia e quando i ragazzi dell'Aquila mi hanno cercato non ho esitato: però è stato solo un piccolo gesto di fronte a una grande tragedia italiana».
Nei mesi scorsi per Adidas ha partecipato a uno spot con i rugbysti azzurri e con il giocatore di basket Danilo Gallinari e la tennista Flavia Pennetta: uniti attorno al pallone ovale con cui ha palleggiato perfettamente.
«È stata un'esperienza molto divertente e ho avuto il modo di incontrare diversi ragazzi della Nazionale».
Il centrocampista De Rossi, 29 anni, 406 presenze con la Roma e 82 con la nazionale, grinta e tecnica riconosciuti in tutto il mondo, nel rugby giocherebbe nel ruolo di...?
«Forse potrei essere mediano di apertura o mediano di mischia. Sono appassionato ma tatticamente capisco ancora poco, però credo che il reparto più bello sia quello della mischia, quando stai spalla a spalla con i compagni».
L'affascina di più il gioco degli avanti o quello dei trequarti?
«Mi piacciono i mediani, i registi, insomma, e i piloni che stanno in prima linea e sorreggono la mischia e, di fatto, tutta la squadra».
Un giocatore della nazionale che ammira?
«Io ammiro la squadra, tutti i giocatori che la compongono. In particolare ammiro il fatto che tanti siano oriundi ma vivono l'appartenenza e l'identità italiana, l'attaccamento più di quelli magari che sono nati in Italia di altri sport. Se devo proprio sceglierne uno, dico Martin Castrogiovanni, un campione nello sport e una persona meravigliosa».
Le piacerebbe partecipare in smoking al terzo tempo di una partita del Sei Nazioni, magari nel chiostro del Bramante?
«Non saprei, sinceramente non ci ho mai pensato».
Esame finale: una meta vale quanti punti? E la trasformazione? E il drop, il calcio di rimbalzo? E il penalty? E quanti minuti sta fuori chi prende il cartellino giallo?
«Dunque: 5 la meta, 2 la trasformazione, 3 il drop, idem il penalty. Il giallo? 10 minuti».
Promosso con lode.
Paolo Ricci Bitti
(Intervista pubblicata sul Messaggero il 1° febbraio 2013)