Dopo trent’anni il nuovo sospettato è un insospettabile. Un uomo che oggi è vicino all’età della pensione, molto stimato nell’ambiente cattolico di una città di provincia. Secondo alcune testimonianze, negli anni Novanta ha importunato quattro ragazze. E ora che il caso è stato riaperto dalla procura di Forlì, si guarda anche a lui per la sparizione di Cristina Golinucci, scomparsa nel nulla nel 1992 dopo avere lasciato la macchina nel parcheggio del convento dei frati cappuccini di Cesena, dove era attesa dal suo padre spirituale. Ma è presto, molto presto, per capire se questa volta Marisa Degli Angeli, la donna che da tre decenni si batte per sapere che fine abbia fatto sua figlia, potrà davvero avere una risposta.
BUIO
Questa è una storia complicata, a volte surreale, intricata, c’è il rischio di perdersi, con lacune nelle indagini, sacerdoti e frati che fanno rivelazioni dopo molto tempo, forse anche coperture. Tanto che in questi giorni la Diocesi di Cesena ha sentito il bisogno di affermare in modo perentorio: «Chi sa parli. Invitiamo chiunque possa essere in possesso di informazioni utili alle indagini a farsi parte attiva presso gli uffici competenti». E ci sono tutti gli elementi per la scenografia di un mistero: c’è un convento sulla collina di Cesena dove il primo settembre del 1992 una ragazza di 21 anni, Cristina Golinucci, lascia la 500 azzurra nel parcheggio e sparisce. C’è un’altra giovane cesenate, Chiara Bolognesi, 18 anni, che frequentava la stessa associazione di volontariato di Cristina e gli stessi ambienti parrocchiali, che sparisce un mese dopo e il 31 ottobre viene trovata cadavere nel fiume Savio.
LA PROCURA
Come mai la procura di Forlì ha deciso di riaprire il caso? L’avvocato Barbara Iannuccelli dell’associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse (in Emilia-Romagna la fondatrice è proprio la madre di Cristina), ha studiato meticolosamente tutto il materiale delle indagini. Ha scoperto che un audio, in cui era stata registrata la seconda conversazione in carcere tra padre Lino e Emanuel Boke, in cui l’immigrato aveva smentito di avere ucciso Cristina, era stata trascritta male. Si sente padre Lino affermare che in realtà l’immigrato non era nel convento quando la ragazza è scomparsa. «Così lo scorso aprile abbiamo presentato l’istanza di riapertura». Sono state fatte nuove ricerche anche nell’area del convento con il georadar, ma, proprio come in passato, il corpo di Cristina non è stato trovato. Succede però qualcosa di inatteso. Escono allo scoperto alcune donne di Cesena che raccontano di essere state importunate, nel 1992, dal punto di vista sessuale, anche in modo molto aggressivo, da una persona molto conosciuta negli ambienti cattolici cesenate. Già se ne era parlato nel 2012, ma ora emergono nuove testimonianze che descrivono un quadro quasi incredibile perché significherebbe che negli anni Novanta, in una città come Cesena, agivano due violentatori: l’immigrato ospitato nel convento (che ha scontato la sua pena ed ora è irreperibile) e l’insospettabile. A inizio febbraio è stato riesumato anche il cadavere di Chiara Bolognesi. Le indagini sono state riaperte anche nel suo caso per omicidio. E finalmente si lavora per capire se vi sia un collegamento con Cristina. Il cui cadavere, secondo una segnalazione anonima di 30 anni fa, è stato gettato nel Tevere a Roma. Sì, nel caleidoscopio di questa storia c’è anche un sacerdote che raccontò, con grave ritardo, di avere ricevuto una telefonata in cui una voce maschile diceva: Chiara è nel Savio (dove è stata trovata), Cristina nel Tevere, a Roma, vicino a un convento dove ci sono due frati che sono stati anche a Cesena (la circostanza dei frati è vera, ma il corpo di Cristina non è stato trovato).