Caressa e il calcio: «Punto su emozioni e matematica, ma non posso piacere a tutti. Da bambino sognavo di diventare poliziotto»

Intervista al telecronista di SkySport, ospite del BCT Festival di cinema e tv a Benevento: "Il Var ha migliorato il calcio". E dice la sua su Siviglia-Roma

Caressa: «Punto su emozioni e matematica, ma non posso piacere a tutti. Da bambino sognavo di diventare poliziotto»
di Michele Galvani
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Domenica 25 Giugno 2023, 18:06 - Ultimo aggiornamento: 18:21

Dal nostro inviato

BENEVENTO - Non fa un passo senza una foto, un saluto, una battuta. Che sia al ristorante o per strada, Fabio Caressa è una sorta di divinità. Più di attori famosi che si aggirano da giorni a Benevento, qui nella città dove si respirano arte e storia, dove si svolge il BCT Festival di cinema e tv. Quasi surreale il siparietto con il cast di Mare Fuori. Lui chiede una foto con loro, i ragazzi si inchinano davanti alla voce (e al volto) di SkySport che ha raccontato - e racconta ancora  - le emozioni del calcio, della Nazionale in particolare. «Andiamo a Berlino», urla il telecronista tornando indietro al 2006.

Caressa, come ci si prepara alla telecronaca di una partita?

«La preparazione della partita viene sottovaluta, invece è fondamentale: a me preparare una partita porta via una quarantina di ore. Prima avevamo un archivio a Sky dove eri sicuro di leggere tutte le informazioni su un giocatore, ora c'è Internet. Ma il web dà la preparazione anche a te.

Se tu giochi su Fifa, puoi preparati. Anche io giocavo a Fifa per capire i giocatori. Io faccio una ricerca molto profonda, ho un archivio che è diventato il più grande archivio europeo. Studio i giocatori, c'è la parte tattica, poi c'è una parte statistica. Io credo che i numeri siano importanti».

Eppure ci sono persone che mettono il volume a zero, che pensano che la sua telecronaca sia urlata.

«Non si può piacere a tutti, non facciamo i politici. Noi facciamo i raccontatori, non devi ricercare il consenso. Il nostro lavoro è togliere lo schermo della tv, far vivere le emozioni, toccare le corde emotive delle persone: in questo caso si hanno vantaggi, ma anche svantaggi. Puoi dare fastidio, ma non c'è una via di mezzo. O accetti di fare una telecronaca asettica o cerchi di regalare delle emozioni».

I social non perdonano: anche nello show Senza giacca, ad esempio, in diretta la gente si diverte a cercare i vostri errori e a postarli.

«Dopo una partita o trasmissione, può esserci sereno, può piovere, può grandinare. Questo dipende dagli argomenti che affronti e come li affronti. Si può sbagliare, se le critiche arrivano in una sola direzione significa che hai commesso un errore e lo porti come bagaglio e cerchi di non rifarlo. Non puoi lasciarti influenzare, quello è il breve termine: noi lavoriamo sul lungo termine. Sul lungo termine pagano preparazione, serietà e obiettività. Per questo io credo nei numeri, ti aiutano ad affrontare gli argomenti con più preparazione e un livello di oggettività diverso».

 

Caressa è mai stato lontano da Sky? Ha mai pensato di andare altrove?

«Ho sempre scelto di avere come primo obiettivo Sky: ho sempre lavorato lì: c'è grande libertà, nessuno ti dice mai quello che devi dire ed è premiata la preparazione. C'è un atteggiamento molto anglosassone, se fai le cose bene hai dei buoni ritorni, se le fai male hai ritorni negativi. E queste cose sono impagabili. Mi sono sempre trovato benissimo con l'azienda».

Lei e lo zio Bergomi invece vi separerete mai?

«Io e lo zio siamo una coppia di fatto. Sto insieme con lo zio dallo stesso tempo con cui sono sposato con mia moglie (Benedetta Parodi ndr). Al di là del rapporto professionale, nessuno può dire cosa accadrà: io e Beppe rimarremo amici per la pelle, credo che non ci sia nessuno che sappia cose di me quanto Beppe Bergomi e credo che la cosa sia reciproca».

Il Var ha cambiato tutto: in meglio o in peggio secondo lei?

«In meglio: non si può avere certezza delle cose, anche il Var è fallibile perché è sempre e comunque una macchina in mano a degli uomini, è soggetta a interpretazioni. Ma ha tolto tutta una serie di problemi che abbiamo visto anche in questi giorni con l'Under21, non si può più tornare indietro. Credo che qualche addetto ai lavori abbia una resistenza ideologica che vada necessariamente migliorata».

Eppure in Siviglia-Roma, finale di Europa League, ci sono stati errori clamorosi.

Ci sono due valutazioni da fare: la prima è che noi abbiamo un'interpretazione delle regole in Italia diversa da quella in Europa in generale. La seconda: secondo me alcuni atteggiamenti in Europa della panchina della Roma hanno creato un po' di risentimento e anche di preconcetto solo in alcuni, può essere che si sia stata una reazione emotiva di questo tipo e le due cose insieme hanno creato quello che abbiamo visto».

Se non avesse fatto il telecronista sportivo?

«Avrei fatto l'inviato di guerra e l'ho fatto in Afghanistan. A 6 anni avevo già deciso di diventare giornalista. Però l'altra cosa che volevo fare era il detective, il poliziotto».

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