Berlusconi e il padre antifascista Luigi in esilio in Svizzera: «Lui sapeva farci stare bene, si portava il sole in tasca»

La notte dell'armistizio circa 45.000 tra intellettuali, ebrei, antifascisti, perseguitati politici si trasferirono in Svizzera per chiedere asilo e scappare dall'occupazione tedesca

Berlusconi, l'infanzia e il padre antifascista Luigi in esilio in Svizzera: «Lui sapeva farci stare bene, si portava il sole in tasca»
di Stefania Piras
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Martedì 13 Giugno 2023, 13:37 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 08:32

La guerra, i bombardamenti, il padre antifascista che dovette scappare in Svizzera. «Non scorderò mai i bombardamenti alleati a Milano nel 1943», aveva ricordato Silvio Berlusconi che all'epoca aveva sei anni e mezzo e vide le bombe esplodere vicino alla sua abitazione, in via Volturno a Milano. Si trasferì con tutta la famiglia a Oltrona San Mamette, in provincia di Como, a un'ora di auto dal capoluogo lombardo. 

Berlusconi, il padre antifascista Luigi che andò in esilio in Svizzera

«Mio padre, soldato dell'esercito italiano, era antifascista - raccontò Berlusconi ad Alan Friedman - dopo l'8 settembre si rifugiò in Svizzera e noi ci ritrovammo soli», raccontò spiegando di essere rimasto per tre anni senza padre.

Disse nella sua biografia che furono anni molto difficili e quando ha potuto riabbracciarlo lo ha definito forse il giorno più bello della sua vita. 

Luigi Berlusconi era un impiegato della banca Rasini, un piccolo istituto di credito milanese. La mamma, Rosella Bossi, era una casalinga. 

La notte dell'armistizio circa 45.000 tra intellettuali, ebrei, antifascisti, perseguitati politici si trasferirono in Svizzera per chiedere asilo e scappare dall'occupazione tedesca. Tra questi c'era anche Luigi Berlusconi, il padre del fondatore di Forza Italia. 

Alla radio svizzera nel 2019 confessò questo episodio della sua vita in un'intervista. L'ex premier si trovava in Svizzera per siglare un accordo di sponsorizzazione per il Monza, il club che aveva comprato da poco. 

«La Svizzera - disse - è un paese cui sono profondamente legato. Mio padre fuggi in Svizzera per 3 anni a causa della persecuzione fascista. La vostra ospitalità gli rimase sempre nel cuore e anche io vi sono grato». 

« Durante l’esilio di mio padre lo aspettavo alla fermata del tram a Oltrona San Mamete, in provincia di Como. Ogni giorno mi sedevo in attesa del suo arrivo e ogni giorno piangevo lacrime amare. Ma una mattina scese davvero da quel tram che arrivava dalla Svizzera e fu il giorno più felice della mia vita».

Berlusconi cresce quindi solo con la mamma che tutte le mattine si alzava alle cinque, faceva tre chilometri a piedi per andare a prendere il bus e raggiungere Milano. Il Cav ha ricordato quelle mattine nella sua sua biografia così: «La mattina, quando partiva, non riuscivo a non piangere, e quando finalmente tronava la sera la riempivo di baci». Molti anni dopo mamma Rosa dirà: «Sono molto più orgogliosa come mamma del bene che mi vuole che di tutto ciò che fa». 

Quegli anni sono descritti come molto duri, con poco cibo a disposizione: con il solo stipendio della mamma bisognava mandare avanti una famiglia di cinque persone (c'erano i nonni in casa) e quindi il bambino Silvio Berlusconi dovette andare a raccogliere le patate, mungere le mucche e fare altri piccoli lavoretti pagati con una calderina, cioè un recipiente di metallo pieno di cagliata, il formaggio ottenuto dal caglio, latte puro. Riferì dei contrasti con i compagni di scuola che prendevano di mira gli sfollati di Milano come lui con frasi come "Milanese mangia torsoli di verza e va' fuori dalle scatole". Scene simili vissute da tante persone della sua età che hanno vissuto gli anni della guerra. Una volta terminato il conflitto tornò con la famiglia a Milano e si iscrisse al collegio dei salesiani di Don Bosco (i ricchi andavano dai gesuiti). 

Sono ancora anni in cui Berlusconi ricorda gli anni del ricongiugimento con il padre. Al giornalista biografo Friedman dirà di quei pomeriggi in cui dopo aver finito i compiti lo rivedeva rincasare: «Lui sapeva farci stare bene. Io dicevo che mio padre si portava il sole in tasca».

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