Così il clan Di Silvio voleva inflitrarsi al Goretti

Così il clan Di Silvio voleva inflitrarsi al Goretti
di Vittorio Buongiorno
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Martedì 25 Maggio 2021, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 11:55

Che ci facevano quattro esponenti della famiglia Di Silvio, tre uomini e una donna, nell'atrio dell'ospedale Santa Maria Goretti? Se lo sono chiesto prima gli agenti della Squadra Mobile di Latina e poi i magistrati della Direzione distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli e Corrado Fasanelli. Quell'intuizione porterà gli inquirenti su tutt'altra pista, sulle tracce del primo concorso della Asl di Latina: il collegamento tra le due vicende sono le intercettazioni effettuate sul cellulare di Claudio Rainone, il dirigente della Uoc Reclutamento della Asl arrestato venerdì scorso. Gli agenti cercavano contatti con il clan e trovarono invece le telefonate con almeno cinque concorrenti di quel primo concorso finalizzate a rivelare in anticipo le domande della prova orale. Ma questa è ormai cosa nota. Quindi facciamo un passo indietro e torniamo all'estate del 2020. «Appare doveroso - scrivevano all'epoca i magistrati della Dda - approfondire le ragioni e le dinamiche sottese ai rapporti tra la famiglia Di Silvio e la struttura dell'Ospedale di Latina».


La Dda voleva capire se il clan puntava il Goretti. In particolare si voleva veder chiaro su un appalto, sugli incarichi e le modalità di assunzione che portarono a lavorare nel nosocomio del capoluogo - attraverso una ditta incaricata - proprio un esponente della famiglia di Silvio. Si tratta di Ferdinando detto Prosciutto, 23 anni, nome noto alle forze dell'ordine del capoluogo pontino, arrestato nel dicembre scorso nell'ambito dell'operazione Movida, l'inchiesta che ha svelato il tentativo delle nuove leve del clan di estorcere denaro ad alcuni locali della movida, appunto, latinense. Prosciutto al Goretti ci lavorava. «Era stato assunto attraverso una società appaltatrice per svolgere servizio di accoglienza e portierato all'interno della struttura sanitaria» scrivono i magistrati.
SOCIETA' E PARENTELE
Cosa abbiamo scoperto è un mistero. Le richieste di intercettazioni avanzate dalla Dda di Roma sono piene zeppe di omissis. Pagine di omissis. Nomi, episodi, ipotesi sono ancora coperte dal segreto e non si sa se gli accertamenti abbiano portato dei risultati. Ma il dubbio dei magistrati era legittimo perché nell'informativa depositata dalla Squadra Mobile era emerso che un imprenditore al quale si era rivolta la Asl aveva rapporti di parentela con un esponente di spicco del clan. Guarda caso, era così che Ferdinando Di Silvio detto Prosciutto aveva ottenuto un posto di lavoro come sorvegliante in ospedale. Aveva, scrivevano i magistrati, «ruoli operativi all'interno del Goretti». Ma non solo lui. All'epoca i magistrati ipotizzarono che fosse stata assunta anche una donna vicina al clan.
LA GESTIONE DEL PERSONALE
E' per questo che i magistrati decisero di tenere d'occhio Claudio Rainone, «in quanto la gestione del personale all'interno dell'ospedale, può essere espressione del potere di condizionamento degli esponenti della famiglia Di Silvio». Le intercettazioni sono andate avanti fino al novembre scorso. Visti gli omissis non è dato sapere se dobbiamo attenderci sviluppi clamorosi anche per questo filone di indagini. Per il momento i guai di Claudio Rainone, difeso dall'avvocato Stefano Mancini, e di Mario Graziano Esposito, assistito dall'avvocato Leone Zeppieri, riguardano solo ed esclusivamente l'inchiesta sui due concorsi truccati. Entrambi nei prossimi giorni verranno ascoltati dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Cario.
Vittorio Buongiorno
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