Guerra tra Russia e Usa? Il Pentagono e le previsioni (negative) sull'Ucraina. Quali sono le differenze tra ieri e oggi

Il Pentagono: «Se l'Ucraina perde la guerra, i paesi Nato dovranno combattere contro la Russia». L'esercitazione Nato Steadfast Defender 2024 è la più imponente dalla fine della Guerra Fredda

Guerra Fredda, il Pentagono contro Putin
di Stefania Piras
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Venerdì 1 Marzo 2024, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 08:46

Un mondo spaccato in due dove le parti si contendono alleati e fan più o meno espliciti, e dove trionfa la polarizzazione. Così Putin ha resuscitato la cortina di ferro, quando - mentre invadeva l'Ucraina - ha accusato la Nato di essersi "allargata troppo". Questo ha messo in moto una serie di eventi molto significativi (il riarmo della Germania, l'ingresso di Svezia e Finlandia nell'alleanza atlantica, l'esercitazione - in corso - Steadfast Defender 2024, la più imponente dalla fine della Guerra Fredda) e dei "déja vu" che ci hanno fatto ripiombare nel passato.

Dalle minacce incrociate: quelle nucleari (il documento del Financial Times ha svelato che l'autocrate russo sarebbe pronto a premere il tasto verde per molto meno di quel che pensavamo) e quelle di un'operazione "Boots on the ground" agitata dal capo del Pentagono Lloyd Austin per rimettere in moto gli aiuti per l'Ucraina. «Se l'Ucraina perde la guerra, i paesi Nato dovranno combattere contro la Russia», ha detto scatenando l'allarme.

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Il Cremlino e la Guerra Fredda

Ci sono poi i numerosi arresti di spie nelle ambasciate di mezza Europa spiccati negli ultimi due anni, il recente raduno a Mosca delle diverse fazioni palestinesi o le svariate conferenze e organizzazioni internazionali come i Brics per promuovere il messaggio del "mondo multipolare giusto". Sembra di vivere in una riedizione della Cold war: the West and the rest con il Cremlino tornato prepotentemente sulla scena, che ha dimostrato di poter influenzare anche la politica degli (storici) avversari. Una suggestione: la vittoria di Trump e un possibile ritiro degli Stati Uniti dalla Nato è letta dagli analisti europei come la più grande vittoria strategica della Russia dai tempi della Guerra Fredda. 

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Perché negli ultimi mesi è tornato lo spettro del 1962, cioè della crisi dei missili a Cuba? Quella volta, mentre il mondo sembrò sfiorare il precipizio, Nikita Kruscev, presidente del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, scrisse al presidente John F.

Kennedy: «Non c'è male senza bene. Il male ha portato un po' di bene. Il bene è che ora la gente ha sentito più tangibilmente il respiro delle fiamme ardenti della guerra termonucleare e ha una più chiara consapevolezza della minaccia che incombe su di loro se la corsa agli armamenti non viene fermata». In  ballo c'erano il bando degli esperimenti nucleari, due blocchi geopolitici contrapposti, le divergenze sulla Germania, la minaccia della proliferazione nucleare e l'ammissione della Repubblica Popolare Cinese alle Nazioni Unite. Kennedy rispose pubblicamente che la pace doveva essere «il fine razionale degli uomini razionali». 

Anche oggi l'ansia da disastro monta. Se inviate truppe in Ucraina rischiate una guerra nucleare, questo il ragionamento con cui Putin ha farcito le due ore di discorso alla nazione rivolgendosi ai membri della Nato, agli Stati Uniti ma anche, e soprattutto, a un nuovo soggetto politico che non esisteva durante la guerra fredda: l'Unione Europea. E ha parlato di conseguenze «tragiche» per le nazioni che decidessero di inviare contingenti militari. Certo, il 15 e il 17 marzo in Russia si vota e quel discorso ha il sapore di una propaganda più concentrata del solito ma è indubbio che da quando è cominciata l'invasione dell'Ucraina sono tornati in auge gli strumenti interpretativi della Guerra Fredda: sovietologi, dichiarazioni ufficiali, diplomazia. Insomma, un insieme di pezzi di un puzzle, e di logiche, che spesso, anche in passato, sono risultati indecifrabili (autorevolissimi studiosi non avrebbero scommesso un centesimo sul crollo del muro di Berlino). 

La Guerra Fredda di ieri è quella di oggi? Sentite cosa dice Max Bergmann del Center for Strategic and International Studies in un'intervista a Marco Bardazzi riportata nel libro "Rapsodia americana" (novembre 2023). «Quando si tratta di mandare segnali che non inducano a pensare a un'escalation, gli Usa e la Russia parlano la stessa lingua, hanno esperienza in qusto tipo di diplomazia a distanza che ha caratterizzato l'intera Guerra Fredda. E Biden è un uomo del XX secolo, conosce questo gioco». Ci sono linee rosse da non oltrepassare e segnali che i rispettivi centri di analisi monitorano costantemente. Dalla proliferazione delle armi nucleari alla corsa per l'innovazione spaziale e in Antartide. L'osservazione dei fondali marini e la trasparenza sui movimenti di navi, aerei e truppe. Soprattutto in un mondo in cui le economie sono molto più intrecciate di prima. 

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La polarizzazione c'è ma i blocchi non sono così omogenei. L'Ispi a fine 2023 ha chiesto a oltre 250 esperti italiani di fare un bilancio degli avvenimenti internazionali dell'anno concluso e di quelli che verranno nel 2024. Una maggioranza assoluta di analisti (57%) pensa che i rapporti tra l’Occidente e i paesi del “Global South” evolveranno in una sfida tra due blocchi contrapposti. Uno scenario, tuttavia, ancora lontano dalla “vecchia” Guerra Fredda del Ventesimo secolo, sottolineano gli esperti Ispi, «in cui a scontrarsi erano ideologie molto precise e blocchi relativamente omogenei, ma in cui si prevede che tra i paesi del Sud globale prevarrà una convergenza di interessi anziché forze centrifughe. Forze centrifughe che secondo quasi 3 esperti su 10 avranno invece la meglio, portando a uno sgretolamento di qualsiasi tentativo di formare un fronte del Sud globale». 

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