Un bacio appassionato, i volti scolpiti a rilievo di un uomo e una donna che sembrano fondere le labbra nell’atto amoroso, e persino una iscrizione che descrive e accompagna in modo esplicito il momento d’amore. E che recita: «Il mio labbro superiore si inumidisce, mentre il mio labbro inferiore trema! Lo abbraccerò, lo bacerò». Molto prima delle sensuali scene erotiche di Pompei sopravvissute alla furia dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., c’erano loro, i “non molto casti” amanti (per citare una Domus famosa della città vesuviana) babilonesi. Lo rivela una tavoletta in argilla datata al 1900 a.C. circa che mostra una coppia nuda su un divano intenta a fare sesso e baciarsi appassionatamente. È il reperto mesopotamico risalente a oltre 4000 anni fa al centro di uno studio condotto dall’Università di Copenaghen, diretto dai ricercatori Troels Pank Arbøll e Sophie Lund Rasmussen, esperti di scrittura cuneiforme, e pubblicato su “Science”.
«Siamo di fronte alla più antica prova scritta del bacio».
Come riporta lo Smithsonian Magazine: «La scrittura cuneiforme apparve intorno al 3200 a.C. e per diverse centinaia di anni sembra limitata a banali testi amministrativi. Dopo un po’, forse inevitabilmente, l’argomento delle relazioni amorose si fece strada nella documentazione mesopotamica, e con esse i primi riferimenti al bacio circa 4.500 anni fa».
Ma la scoperta del manufatto offre anche un risvolto decisamente meno romantico sul piano della storia della medicina antica. Mentre i baci prendevano piede, si verifica un effetto collaterale: la trasmissione e diffusione di malattie. «Pertanto gli scienziati che studiano l’evoluzione dei patogeni stanno scavando nella storia del bacio per scoprire il ruolo di lunga data del bacio nella trasmissione delle malattie».
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