Gli investitori del brand hanno infatti ricevuto una buona notizia dal fronte delle vendite nel mese appena trascorso: più 15 per cento l’utile registrato nelle monete locali (soprattutto l’euro) dei paesi in cui H&M ha un mercato, corrispondente alla crescita di un quarto in corone svedesi. I profitti sono cresciuti del 36 per cento, sempre in corone svedesi, nello stesso arco temporale. Debole l’impulso ai ricavi impresso dalla valuta della Svezia, il paese in cui H&M ha la sede principale; gli analisti hanno cominciato a temere che ciò potesse intralciarne le redditività.
Gran parte della merce H&M viene acquistata in dollari, una moneta con il cambio in aumento, e venduta in euro, il cui valore negli ultimi mesi è sceso di molto. Il brand, tra i colossi che competono nell’area euro, è lo specchio delle multinazionali statunitensi: un dollaro forte colpisce la competitività dei prezzi americani, e i conseguenti ricavi, ma incrementa il loro potere d’acquisto. Diversi gruppi degli States, infatti, hanno lamentato questo contesto macroeconomico. Un euro più debole avvantaggia marchi come H&M, sebbene la situazione possa non durare a lungo.
Continua, intanto, l’espansione dei negozi: si è passati da 3192 nello stesso periodo dello scorso anno ai 3551 stores in tutto il mondo. Con circa 450 punti vendita, la Germania detiene il record di diffusione; negli Stati Uniti gli stores sono 350. In Cina se ne contano 300 mentre nel Regno Unito 250. A seguire, con 150 negozi, Francia, Spagna e Svezia. Poco più sotto, l’Italia, che ne ha circa 130.