Moda, l'ossessione della taglia 34 che torna in passerella. Addio body positivity, riecco la donna "stecchino"

Le case tornano alle silhouette estreme. Rispetto allo scorso anno calano del 17% le “mannequin” con misure non canoniche

Moda, l'ossessione della taglia 34 che torna in passerella. Addio body positivity, riecco la donna "stecchino"
di Raffaella Troili
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Martedì 5 Marzo 2024, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 17:45

La moda snobba la normalità. Dovrebbe far sognare ma rischia di trasformarsi in incubo per quante - specie giovani - sono ossessionate dal look perfetto, che vuol dire ancora pancia piatta, gambe al limite del filiforme, taglie da grissino. Il fenomeno era nell’aria, da una Fashion week all’altra le modelle “morbide” e rassicuranti sono via via scomparse, quasi del tutto. La conferma è venuta dalla settimana della Moda di Milano, dove il baluardo della diversità in auge negli ultimi anni è stato quasi seppellito da un esercito di modelle e modelli taglia 36. Lo ha messo in luce un report di Tagwalk che parla di una prevalenza di donne, ma pure uomini, che vestono una taglia compresa tra la 34 e la 38 e sono alti in media un metro e 75 centimetri. L’analisi del motore di ricerca della fashion industry, va da settembre 2023 a febbraio 2024, e rimarca come rispetto alla stagione precedente, quella di settembre, sulle passerelle ha sfilato il 17% in meno di modelle con misure o corporature diverse da quella canoniche, standard, stereotipate. 

Come dire, largo ai magri, anzi magrissimi.

Anche se lo sguardo corrucciato, il deciso passo di carica e il volto slavato di alcune modelle senza sorriso fa pensare a chi, arrabbiato, non mangia da giorni. La battuta non fa ridere. L’inclusione invece fa un passo indietro e mette all’angolo le oversize, ma mette in crisi anche la stragrande maggioranza delle donne. 

I SOCIAL

Già martellate sui social da dettami su come rimanere o tornare in forma o perdere peso alla velocità della luce, perché l’estate è alle porte, perché Natale è alle spalle, ogni pretesto vale. Ma rischia di provocare danni peggiori di un rotolino di ciccia, rischia di minare autostima e sicurezze, oltre a provocare disturbi alimentari specie nei giovani come evidenziano studenti scientifici. 
Il report di Tagwalk punta l’indice sui corpi magri, magrissimi mandati in passerella, plaudendo quei brand che hanno fatto sfilare modelle più vicine alla realtà, come Gcds, Etro, Ferragamo, Marni, Msgm, Sagaboi, Feben, Diesel, Max Mara, Philosophy e Marco Rambaldi. Di fatto, nelle sfilate Autunno-Inverno 2024/25, le modelle curvy sono state meteore, piccole eccezioni, la cui presenza isolata rischia involontariamente di passare quasi come un obbligo. La marcia indietro del movimento della body positivity non è sfuggito agli addetti ai lavori. Sì è vero, Paloma Elsesser, nota modella curvy ha sfilato per Ferragamo e Marni, modelle di ogni taglia hanno riempito la scena del brand svedese Rave-Reviuew. Ma il dato è chiaro: le maison mostrano minore sensibilità verso il tema del diversity, che seppur possa sembrare futile, rischia di avere ripercussioni sociali, laddove l’apparenza è il leit motiv di giovani vite votate alla ricerca ossessiva della perfezione. 

 

RITORNO AL PASSATO

Ossa ben in vista e al bando le curve. La tendenza alla “morbidità” e alle taglie allargate non ha attecchito, è di nuovo il corpo che si deve adeguare alla moda e non il contrario. A rischio di chiudere porte in faccia, escludendo, mortificando taglie regular, veicolando ancora icone algide e lontane dalla realtà, le famose taglie Z di fine anni Novanta e primi anni 2000, quando assieme al trionfo del magro emersero dirompenti anche disturbi alimentari e il fenomeno del fat-shaming, ossia il mettere i grassi alla “gogna”. Le grandi case di moda ci hanno provato, ma il cambio di marcia e la sparizione delle modelle plus size, ripropongono una conformità dove il diverso rischia di apparire un fenomeno da baraccone, sintomo del fatto che non ci si è creduto davvero, che per molti non era una vera rivoluzione. Il fenomeno era stato colto lo scorso anno da Vogue Business che dalla somma delle Fashion Week di New York, Londra, Milano e Parigi e dei 219 show e 9.137 look, aveva desunto che solo lo 0,6% era plus size, mentre il 3,8% era definibile “mid-size”.
A pensarci bene, in passerella sono escluse anche le taglie 42 e 44, quelle che indossano la maggioranza delle donne. Troppo alte, troppo muscolose, troppo... Resta la speranza che proprio le ragazzine, quelle potenzialmente più a rischio, perché vivono di pane, filtri e social, si smarchino da calcoli e centimetri, solo per quella sfacciata voglia di apparire come par loro. La generazione Zero, quella delle piccole donne tutte uguali con le microgonne e le gambotte, dai top striminziti e i fianchi larghi, potrebbe follemente o saggiamente, fare la rivoluzione. E salvarsi.

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