«Quell'uomo mi puntò la pistola in faccia: ora aiuto le altre donne a denunciare»

L'associazione Volo libera si occupa della violenza sulle donne
di Maria Lombardi
3 Minuti di Lettura
Venerdì 17 Maggio 2019, 13:17 - Ultimo aggiornamento: 17:20

L'utima richiesta di aiuto che Lucia ha ricevuto è di qualche giorno fa. La telefonata di una mamma che non vive più: sospetta che lo zio abusi della figlia adolescente. Più che un sospetto. Lucia l'ha ascoltata, l'ha stretta a sè, le ha dato consigli e insieme hanno preparato la denuncia. Come fa da quattro anni ormai. Squilla il telefono dell'associazione romana per le donne vittima di violenza "Volo libera" (numero 3667037105) e dall'altra parte c'è sempre Lucia. «Mi aiutano due psicoterapeute e degli avvocati, ma il primo contatto è sempre con me.  So bene cosa provano, tutto quello che ho provato io sulla mia pelle, scatta subito un’empatia. La loro storia è la mia».

​La Spoon River delle donne: una vittima ogni 60 ore

Maria: «Mia figlia ustionata stava per morire, ma quelle cicatrici sono diventate la mia forza»

Anche Lucia ha subito una violenza. «Avevo 34 anni, lavoravo, giravo il mondo, avevo già una figlia. Mica ero una sprovveduta. Lui mi ha puntato la pistola addosso, pensavo che da un momento all’altro mi avrebbe sparato». Lucia immobile sul pavimento, i vestiti strappati. «Mi ha picchiata, non so come sono riuscita a scappare e chiudermi in bagno. Ricordo le parole che mi urlava dietro la porta: tu non vali niente, lo sai no? Voleva dire: le tue parole non valgono niente contro le mie». Quell'uomo portava la divisa, era un amico di famiglia. «Mi fidavo, l'ho ricevuto in casa. Mi ero rivolta a lui per denunciare un ex fidanzato che mi perseguitava. Al tempo non c’era il reato di stalking. E invece..Non l'ho denunciato per paura, mia figlia era piccola, temevo che non mi avrebbero creduto. Mi sentivo una miracolata».
 



Un silenzio lungo 9 anni, poi Lucia trova la forza di parlare, lo fa in un libro  “La mia storia, la mia estate”. Ci mette tutto, anche il coraggio del suo nome: Lucia Favoccia. Gli anni in cui è stata tormentata dall'ex che non la lasciava vivere, «era la mia ombra». E la sera della pistola, l’uniforme e il terrore, «pensavo che m’avrebbe uccisa». Non l’ha fatto, o forse un po’ sì. «Continuavo a fare la vita di sempre, come se niente fosse successo: lavoravo, viaggiavo, facevo la mamma. Ma la vita era un’altra ormai. Ci ha messo tanto a uscirne. Ho lasciato il mio lavoro di truccatrice per grandi aziende, era un ottimo lavoro. Ho preso la laurea in Scienze sociali, ho seguito un corso per operatrice in centri antiviolenza e ho creato la mia associazione. Aiutiamo donne, disabili, minori e anziani. Anche le donne anziane sono vittime di violenze, casi che restano sommersi. Fino a un paio di anni fa avevamo uno sportello , nel XV Municipio. Poi ci hanno mandate via purtroppo e ora ci appoggiamo a un centro anziani e ad altre associazioni».
Lucia tiene anche corsi anti-violenza nelle scuole. Il telefono sempre acceso, per tutte quelle che hanno una storia da raccontare. La sua stessa storia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA