Storie femminili di ordinario coraggio ai tempi del Covid nel libro «Penelope alla peste»

Storie femminili di ordinario coraggio ai tempi del Covid nel libro «Penelope alla peste»
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Martedì 1 Settembre 2020, 17:28

Quattordici storie dentro la quarantena, quattordici donne protagoniste dell’emergenza e della ripartenza, con le loro vite e il loro sguardo sull’Italia ai tempi del Covid-19. C’è Barbara, anestesista, e il suo grido d’accusa – «C’è troppa gente in giro!» – mentre negli ospedali si muore e mancano i respiratori e i posti letto; c’è Nicole, psicologa, che ascolta i fantasmi degli operatori sanitari a fine turno; Lucia, fisico medico, che guarda la pandemia – e l’Italia – dalla Cina; Rosanna, che festeggia dietro a un vetro i suoi ottantasei anni, ma quando sente una sirena torna bambina, è di nuovo il 1943. E poi c’è Irene, sei anni, la casa dei nonni che sembra “scomparsa” dal pianerottolo e c’è Cinzia, che vede le sue donne partorire sempre più sole. Voci di lotta e di resistenza raccontate da Veronica Passeri, giornalista e saggista. Tutte storie vere che ripercorrono la grande sofferenza e la bellezza nascosta degli ultimi mesi.

Di fronte alla minaccia, alla morte, le donne sono capaci di far la differenza” scrive Giovanna Botteri nella prefazione al libro “Penelope alla peste” (edito da Castelvecchi, pagine 111, 6,9 euro) il cui titolo ricorda Penelope alla guerra della Fallaci, solo che stavolta la guerra è sottotraccia e silenziosa, invisibile, racchiusa nelle case e nei cuori, con la paura di non farcela e la speranza di poterne uscire presto. E' proprio la frase della Botteri, che ha raccontato guerre e catastrofi in mezzo mondo, che sembra adattarsi alla perfezione al libro focalizzandosi sull’universo femminile durante una delle grandi tragedie, tuttora in corso, del nostro iper presente.



Si tratta di sguardi diversi, trasversali si sarebbe detto una volta, dentro un mondo, quello delle donne, che è più largo delle sue stesse definizioni e che la sensibilità di Passeri sa toccare in modi interessanti, da cronista, ma anche da narratrice, con la sensibilità, per esempio nella vicenda della piccola Irene, di capire che le tragedie sono anche molto piccole, ai confini di quell’immaginario surreale, ma profondissimo, che appartiene ai bambini e alle bambine. 

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