Nicola ed Emanuele, vi siete sentiti attaccati?
«È ormai assodato che non esiste alcuna teoria gender, come ribadito dal ministro Giannini. Siamo però in dirittura d'arrivo in Parlamento con una legge sulle unioni civili che, sebbene sia lontana dall'assicurare quella parità tra coppie omo ed eterosessuali che verrebbe sancita soltanto con il matrimonio egualitario, tuttavia colma in parte un gap di diritti civili che relega l'Italia a fanalino di coda in Europa. Questa "invenzione" è stata quindi strumentalizzata e distorta da gruppi omofobi ed estremisti per tentare di fermare la legge».
A Jesi, dove vivete, questo fenomeno ha fatto proseliti?
«Sono stati organizzati convegni sul cosiddetto gender, dove si è parlato di lezioni scolastiche in cui si farebbe scegliere il proprio sesso agli alunni e si arriverebbe addirittura alla masturbazione di gruppo. Non si può che sorridere innanzi a certe idiozie. Ma se qualcuno ne fosse veramente convinto lo invito a recarsi, più che in Comune, al Commissariato di Polizia».
Che ne pensate della crociata su Piccolo Uovo?
«E' un testo adottato dall'asilo nido di nostro figlio. Racconta la storia di un pulcino che, prima di nascere, incontra diversi tipi di famiglie del mondo animale: monogenitoriali, omo-genitoriali, con figli adottati. Vedendo che tutti questi nuclei si vogliono bene il pulcino capisce che non è importante dove nascerà. È scandaloso tutto ciò? Per fortuna, a parte questi piccoli gruppi omofobi, siamo stati piacevolmente sorpresi dalla "normalità" con cui scuola, istituzioni locali e sanitarie hanno accolto noi e nostro figlio».
Perché non siete iscritti nel registro delle unioni civili di Jesi?
«È sicuramente un importante passo, va dato merito all'amministrazione. Ma non riguarda noi, che siamo regolarmente sposati in Canada ed il nostro matrimonio è riconosciuto in gran parte del mondo. Perché dovremmo richiedere una certificazione che ci riserva meno diritti di quelli acquisiti?»
Al sindaco Bacci cosa chiedete, dunque?
«Che registri il nostro matrimonio canadese, cosa possibile e pienamente nei suoi poteri, come già fatto da numerosi suoi colleghi. Abbiamo avanzato da tempo la proposta, restiamo in attesa».
Cosa vi augurate per il futuro?
«Innanzitutto che l'Italia ci renda fieri della scelta di rimanere qui. Emanuele, ricercatore universitario, ha rinunciato a una cattedra in uno dei più prestigiosi atenei d'Europa, per restare al fianco della sua famiglia. Ma soprattutto ci auguriamo il benessere di nostro figlio, come tutti i genitori del mondo. Gli insegneremo a rispettare le idee altrui, a vedere la diversità come una ricchezza. E non ad additare chi la pensa diversamente da sé».
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