Latina, agricoltori indiani donano 10.000 euro all'ospedale: «Vogliamo dare il nostro contributo»

I lavoratori indiani di Ortolanda
di Serena Nogarotto
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Giovedì 16 Aprile 2020, 10:00
La primavera è per eccellenza la stagione della rinascita, del risveglio della natura, ma quella del 2020 sarà ricordata, purtroppo, per la paura, la sofferenza e la solitudine della pandemia da Covid-19. Ma è proprio in un momento di crisi come quello attuale, carico di incertezza e angoscia, che si rafforzano sentimenti di solidarietà come dimostrano le numerose iniziative spontanee che si sono susseguite in queste settimane. Tra queste c'è la storia della comunità indiana di Ortolanda, un'azienda agricola di Borgo Grappa che si occupa della coltivazione di ravanelli, che in questi giorni ha raccolto 10mila euro per donarli all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina.

«QUI ABBIAMO TROVATO ASSISTENZA SANITARIA»
«In questo momento di difficoltà anche noi abbiamo voluto dare un contributo a coloro che sono impegnati in prima linea nella lotta al coronavirus, in particolare abbiamo scelto di destinare la nostra raccolta fondi al personale sanitario del Santa Maria Goretti, medici e infermieri che ogni giorno combattono questo pericoloso virus» ha spiegato Singh Karambir, bracciante agricolo indiano che da dodici anni vive a Pontinia con la moglie e le due figlie «una nata all'ospedale di Fondi e un'altra a quello di Latina» come specifica Singh.
«In Italia abbiamo trovato assistenza sanitaria gratuita per noi e per le nostre famiglie. Ed è per questo motivo che il nostro principale desiderio è quello di fare qualcosa di concreto per sostenere il sistema sanitario nazionale in questa emergenza».

«ABBIAMO IL DOVERE DI DIFENDERE L'UMANITA'»
La comunità indiana dell'azienda Ortolanda è composta da un centinaio di braccianti agricoli, per la maggior parte uomini ma sono presenti anche una dozzina di donne, molti dei quali vivono in Italia da oltre dieci anni, principalmente a Sabaudia, Pontinia, Borgo Grappa e Bella Farnia. Un gruppo coeso e ben integrato con la collettività locale come dimostra la loro iniziativa di solidarietà.
Qui stiamo bene, ci sentiamo protetti dalla nostra azienda che dall'inizio dell'emergenza ci ha fornito tutto il materiale necessario per la nostra sicurezza, mascherine e guanti, invitandoci a rispettare tutte le misure anti-contagio. La paura ovviamente c'è, ed è tanta. Siamo preoccupati soprattutto per i nostri amici e i parenti che si trovano al Nord, in città in cui la situazione è molto più grave e critica». E aggiunge Singh: «Credo che oggi come oggi tutti abbiamo il dovere di difendere l'umanità. E con questo semplice gesto, io e i miei colleghi speriamo di dare un piccolo ma prezioso contributo all'intera collettività. Il nostro desiderio conclude - è quello di vedere anche altre comunità partecipare attivamente a questa catena di solidarietà, perché insieme si può fare molto».
Quella di Singh Karambir e dei suoi colleghi, è sicuramente una bella storia di inclusione sociale, di integrazione, ma soprattutto un messaggio di fratellanza che ai tempi del coronavirus, se possibile, è ancora più prezioso e carico di speranza per il futuro.
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