Zof, le intercettazioni dopo gli incendi: «Il primo chiosco non è più un affare, aspettiamo il bando del Comune»

Zof, le intercettazioni dopo gli incendi: «Il primo chiosco non è più un affare, aspettiamo il bando del Comune»
di Marco Cusumano
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Martedì 6 Febbraio 2024, 12:08

IL RETROSCENA

La raffica di incendi del maggio 2023 ai danni del primo, quarto e quinto chiosco al lido di Latina è ancora tutta da chiarire, ma gli investigatori hanno tentato di fare luce sulle intimidazioni già nell'ambito dell'inchiesta che ha portato ai clamorosi arresti della famiglia Zof che gestiva il "Topo Beach".

Lo scorso anno, dopo gli incendi avvenuti tra il 13 e il 15 maggio (per il quarto chiosco fu solo tentato), gli investigatori valutarono ampiamente l'ipotesi di un coinvolgimento degli Zof in quei roghi, decidendo di effettuare delle intercettazioni nel carcere di Rebibbia dove era detenuto Alessandro Zof e sui telefoni in uso a Maurizio e Fabio Zof.

La speranza degli investigatori era naturalmente quella di ascoltare qualche conversazione in grado di dare un nome ai responsabili, tuttora ignoti, dei gravi attentati incendiari.

Tuttavia non emerse nulla di particolarmente utile, ad eccezione di una conversazione tra Maurizio Zof e il figlio Alessandro (nell'agosto 2023) durante la quale il padre, commentando gli incendi, auspicava la riapertura dei bandi da parte del Comune di Latina, sostenendo che secondo lui l'assegnazione del primo chiosco non era più un grande affare rispetto alle altre concessioni, per una serie di motivi logistici, in particolare la perdita di parcheggi che in passato rappresentavano un punto di forza per quella struttura. Secondo il vecchio gestore del "Topo beach" sarebbe stato più interessante puntare all'assegnazione di una delle altre piazzole sul lungomare, come la terza o la quarta, per poi cederla dopo averla avviata.

Zof si spinse oltre dicendo al figlio che nel prossimo bando avrebbe voluto far inserire come requisito anche il precedente svolgimento di attività analoghe nelle aree dei parchi nazionali. Insomma una sorta di bando "su misura", o quantomeno dalle condizioni favorevoli. Gli investigatori non ritengono la famiglia Zof coinvolta negli incendi ma evidenziano l'interesse di Maurizio Zof ai bandi, anche interferendo sulle autorità.

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