Gli stupratori del Circeo e la morte di piccolo Giuseppe Giuliano, le clamorose evasioni dal carcere di Latina

Gli stupratori del Circeo e la morte di piccolo Giuseppe Giuliano, le clamorose evasioni dal carcere di Latina
di Vittorio Buongiorno e Marco Cusumano
3 Minuti di Lettura
Martedì 13 Giugno 2023, 11:05

Il primo febbraio del 1977 ci provarono Angelo Izzo e Gianni Guido, due degli stupratori del Circeo, con due complici pontini, Carlo De Bellis e Claudio Morellato, sequestrarono il comandante degli agenti di custodia, maresciallo Giuseppe Iannaccone, armati di una pistola e di un coltello e cercarono di guadagnare l'uscita.

«Ci sarebbero senz'altro riusciti - raccontò all'epoca sulle pagine del Messaggero l'allora giovane cronista Giancarlo Minicucci - se non fosse stato per l'agente di servizio al secondo portone d'accesso al carcere.

La guardia Gaetano Gravante, mettendo a rischio la vita del maresciallo Iannaccone, non ha aperto il portone, come gli veniva intimato da Izzo costringendo i quattro a ripiegare nel cortile del carcere, trascinandosi dietro l'ostaggio ferito e privo di sensi, fino a barricarsi nel garage».

Le quattro ore che seguirono furono drammatiche. Alla fine rilasciarono l'ostaggio e decisero di arrendersi. «Il piano di fuga - scriveva Minicucci - era stato studiato abbastanza bene, stando alla ricostruzione fatta dal sostituto procuratore De Paoli e dalla polizia. Angelo Izzo, armato di pistola aveva il compito di farsi aprire la porta che dal cortile immette all'ufficio matricola». E' stato lo stesso maresciallo ad aprirla».
E a quel punto è stato aggredito. Izzò lo colpì alla testa con il calcio della pistola. Poi con i tre complici cercarono di guadagnare l'uscita. Accorse un'altra guardia, scoppiò una colluttazione, Izzo sparò anche un colpo che per fortuna non colpì nessuno. La fuga fallì. Durante le trattative, i tre avvocati pontini Angelo Palmieri, Michele Pierro e Silvio Farau si offrirono di prendere il posto delle due guardie carcerarie ferite, ma i detenuti rifiutarono lo scambio. Poi dopo quattro ore la resa.

IL BAMBINO UCCISO

Un'altra fuga clamorosa avvenuta nel carcere di Latina risale al 1971. In una serata primaverile, nel mese di aprile, un detenuto riesce a fuggire dopo un lungo lavoro di scavo che, in segreto, gli consente di creare un passaggio verso l'esterno.
Si tratta di un uomo di Latina che, prima della detenzione in carcere, viveva nel quartiere delle case popolari che si trova proprio dietro alla struttura penitenziaria, a circa 150 metri. L'uomo, dopo la fuga, raggiunge il suo quartiere e viene individuato e riconosciuto da alcuni residenti. Tra le vie delle case popolari c'è un gruppetto di ragazzi che sta giocando, tra i quali l'undicenne Giuseppe Giuliano, figlio di un agente della penitenziaria che prestava servizio proprio in via Aspromonte.

La ricostruzione degli eventi è frammentaria e incerta. Il padre di Giuseppe Giuliano e un altro agente penitenziario raggiungono il fuggitivo e tentano di convincerlo ad arrendersi, a costituirsi tornando in carcere. Qualcosa non va per il verso giusto, forse una reazione o un movimento improvviso scatenano la reazione di un agente. Partono dei colpi di arma da fuoco, a terra resta il piccolo Giuseppe Giuliano che si trovava poco distante insieme a i suoi amici per osservare la scena. Un dramma che sconvolge la città intera. Latina decide di realizzare un monumento, inaugurato da Giulio Andreotti davanti al palazzo M, alla piccola vittima innocente. La scuola media "numero 5", così si chiamava in origine, sarà intitolata poco dopo alla memoria di Giuseppe Giuliano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA