Ultimatum Ue all'Italia: «Pronti a chiudere Sophia»

Ultimatum Ue all'Italia: «Pronti a chiudere Sophia»
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Mercoledì 23 Gennaio 2019, 20:48
Sale ancora la tensione tra il governo ed i partner europei sull'operazione Sophia, con un ruvido scambio di ultimatum, in vista della riunione dei ministri della Difesa europei, a Bucarest, il 31 gennaio, dove si riaprirà la discussione sul dossier bollente che già nei mesi scorsi aveva visto toni incendiari e fumate nere sul nodo della ripartizione dei migranti salvati dalle navi della missione europea di contrasto agli scafisti.

Operazione Sophia, cos'è la missione contro il traffico di migranti

«O cambiano le regole o Sophia finisce» è tornato ad avvertire di prima mattina il vicepremier Matteo Salvini, dopo che la Germania, pur mantenendo il suo personale e la sua partecipazione alla missione, ha deciso di non inviare più alcuna nave fino al chiarimento del mandato, infastidita dal fatto che il comando italiano abbia spostato la zona operativa in aree dove non si incrociano trafficanti (e di conseguenza non ci sono migranti da soccorrere, bypassando così il problema dei porti italiani chiusi), svuotando di senso l'operazione.

Dagli ambienti dell'Alto rappresentante dell'Unione europea Federica Mogherini è arrivata tagliente e immediata la risposta a Salvini: «Se oggi l'Italia, che ospita comando e quartier generale dell'operazione, non vuole più Sophia, siamo pronti a chiuderla». Una sorta di richiamo ad abbassare i toni in vista del dibattito - così viene letto da alcuni diplomatici - ripetuto qualche ora più tardi anche nella sala stampa della Commissione europea dal responsabile alla Migrazione Dimitris Avramopoulos: «Se l'Italia vuole interrompere Sophia, che fino ad ora è stato un successo, può prendere questa decisione».

Ma il comandante dell'operazione Enrico Credendino è tornato a certificare «l'interesse strategico soprattutto per l'Italia» a mantenere l'operazione, così come ha fatto anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani: «Va conservata - ha indicato - ma serve più solidarietà da parte degli altri Paesi». «La missione deve continuare, ma se gli altri Paesi del Mediterraneo aprono i porti», è intervenuto il vicepremier Luigi Di Maio. «Vogliamo che Sophia resti operativa, a patto che cambino le regole», ha insistito il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, mentre il ministro degli Esteri ha precisato: «L'Italia non ha mai chiesto la chiusura di Sophia. Domanda che siano cambiate, in rigorosa e doverosa coerenza con le conclusioni del Consiglio Europeo di giugno 2018, le regole relative agli sbarchi delle persone salvate in mare».

Alla missione resta ossigeno ancora per poco più di due mesi, dato che a fine marzo scadrà il rollover tecnico, cioè l'escamotage trovato dalle 28 cancellerie a dicembre per evitare che fosse chiusa dopo il fallimento dei negoziati per trovare una soluzione al nodo della ripartizione dei migranti soccorsi, che secondo l'attuale piano operativo devono essere tutti sbarcati nei porti italiani. Nel contesto delle prossime scadenze è da leggere anche la decisione del ministero della Difesa tedesco di non inviare più alcuna nave finché il mandato dell'operazione non verrà chiarito, pur mantenendo la sua partecipazione ed il suo sostegno a trovare una soluzione sul principio di una ripartizione solidale, come ha confermato la cancelliera Angela Merkel al presidente del Consiglio Giuseppe Conte a margine del forum di Davos.

Sebbene alcuni diplomatici a Bruxelles abbiano letto nella mossa tedesca anche un netto invito ad abbassare i toni dopo gli attacchi di Roma all'Eliseo, a spiegare in termini concreti i motivi dell'iniziativa è stata la ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen: «Da circa 9 mesi - ha evidenziato - il comando italiano non invia più la nave messa a disposizione nelle regioni del Mediterraneo in cui operano i trafficanti.
La Marina è stata portata negli angoli più lontani del Mediterraneo e dal momento che lì non c'è la minima traccia di rotte di trafficanti, da mesi non assolve a compiti significativi».
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